Milano. All'interno del cassonetto giallo della Caritas per la raccolta di indumenti usati, dove si appoggiano i capi per poi ruotare manualmente l'anta girevole e farli così ricadere dentro, c'è un fagotto fatto di un asciugamano di spugna gialla e di una felpa rossa in pile, arrotolati insieme. Nulla di strano in fondo, se ne vedono tanti di stracci abbandonati lì, a Città Studi, all'angolo tra via Cesare Saldini e via Sandro Botticelli, zona residenziale e di grande passaggio, ma anche altamente (e variamente) popolata, a due passi dal Politecnico e dall'istituto neurologico Besta, due istituzioni di fama mondiale. In quei tessuti avvinghiati c'è però anche qualcosa di lontanissimo dalla casualità, come fosse stato lasciato lì proprio per essere notato, per non passare inosservato. Così gli occhi del 70enne che si avvicina curioso strabuzzano quando prima vede spuntare una manina, poi un piede in miniatura. Entrambi perfetti, ma rigidi. «Sarà una bambola» dice esterrefatto a se stesso. E si volta verso un conoscente, che arriva subito dopo accanto a lui: «Chiamiamo qualcuno, credo proprio sia un bambino - gli dice l'altro come in un sussurro dopo aver dato una rapida occhiata a quel fagottino - Anche se sembra non ci sia più niente da fare» aggiunge sbrigativo per l'emozione.
È stato trovato così, poco prima delle 20 di venerdì, il cadaverino caldo, ancora sporco di pezzi di placenta, di una neonata che, secondo le prime analisi del medico legale, era venuta al mondo da poco e se ne stava raggomitolata ancora nella tipica posizione fetale e con il cordone ombelicale tagliato in maniera decisamente artigianale, come se fosse stata partorita in casa e comunque certamente non in una struttura ospedaliera. Portato al vicino istituto di medicina legale di via Ponzio e ripulito in attesa dell'autopsia, il cadavere - che non presenta segni di violenza - ha la pelle bianca. «Anche se per conoscere la razza bisognerà aspettare l'esito dell'esame autoptico» spiega Marco Calì, dirigente della squadra mobile che si sta occupando dell'inchiesta.
Abbiamo chiesto agli investigatori se, per le loro indagini, partiranno dalle immagini delle telecamere che, se in zona non mancano, però sembra non inquadrino affatto il punto del ritrovamento.
Mentre la polizia si rivolge agli ospedali alla ricerca, probabilmente inutile, di una donna che abbia avuto bisogno di cure post parto nelle ultime ora, Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana, non lesina il comprensibile sdegno per una morte che, volendo, si sarebbe potuta evitare. Come era accaduto per il piccolo Enea, i neonato abbandonato a Pasqua nella Culla per la Vita della clinica Mangiagalli,
«Esprimiamo il nostro dolore più profondo per quanto accaduto - commenta Gualzetti - e la nostra preghiera per la piccola vita perduta, oltre che per le persone coinvolte.
I nostri Centri d'ascolto e i nostri servizi quotidianamente accompagnano e sostengono, spesso collaborando con i Centri di aiuto alla vita, genitori e madri alle prese con maternità indesiderate o difficili. Avvenimenti dolorosi, come questo ci confermano nell'impegno per la tutela e per la promozione della vita nascente e per il sostegno a nuclei familiari in difficoltà, e ci spronano a intensificare tale attenzione».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.