Il governo, i funzionari e l'esercito della Russia, vivono una sorta di simbiosi viscerale con il proprio presidente a cui tutto è concesso. E così, se Vladimir Putin è ricercato dalla Corte penale internazionale in quanto responsabile del crimine di guerra di deportazione di bambini dall'Ucraina, ecco spuntare per Mosca una nuova infamante accusa: genocidio. Nel mirino le azioni negli ospedali del Lugansk, Regione occupata dai russi, dove le madri ricoverate vengono minacciate di essere separate dai loro neonati se nessuno dei genitori potrà dimostrare di avere la cittadinanza russa. Si tratta di un'aperta violazione dell'articolo II della Convenzione sulla prevenzione, appunto, del crimine di genocidio.
Il capo dell'amministrazione militare del Lugansk Artem Lysogor, ha raccontato che da domani le madri che partoriscono negli ospedali della Regione dovranno confermare la cittadinanza della Federazione Russa per almeno uno dei genitori, altrimenti i bambini saranno portati via. L'accusa è confermata anche dagli analisti dell'istituto per lo studio della guerra che precisa: «L'introduzione di misure progettate per prevenire le nascite in un gruppo configurano il reato di genocidio». Del resto, i funzionari russi portano avanti da tempo diverse misure per militarizzare prima e indottrinare poi i giovani ucraini nei territori occupati. Lo scorso 1° maggio, per esempio, è stato presentato un nuovo libro di testo che insegna la storia moderna del Lugansk seguendo la narrazione di Mosca. Nelle Regioni di Zaporizhzhia, Berdyansk e Melitopol invece, il funzionario filorusso Vladimir Rogov ha raccontato che il 2 maggio che 200 bambini hanno preso parte ai giochi militare-patriottici delle organizzazioni giovanili russe «Movimento dei primi» e «Yunarmia» nelle zone occupate di Berdyansk e Melitopol. Robe che sembrano uscite da un documentario di 80 anni fa.
Di contro, Mosca reagisce come abitudine, attaccando. Il ministero degli Affari Interni ha inserito Volodymyr Zelensky e l'ex presidente Petro Poroshenko nella lista dei ricercati, «ai sensi di un articolo del codice penale» che non è però ancora stato reso noto. «È la prova della disperazione della macchina statale e della propaganda russa, che non ha altre scuse degne di nota da inventare per attirare l'attenzione mentre il mandato d'arresto per il dittatore russo Vladimir Putin è invece del tutto reale», ha replicato il ministro degli Esteri ucraino Dmitro Kuleba.
Ma ci sono altri guai in vista per Mosca. Il Dipartimento di Stato americano ha dichiarato di aver accertato che nei giorni scorsi le forze russe hanno violato la Convenzione sulle armi chimiche utilizzando cloropicrina, un pesticida gravemente danno so per i polmoni, e agenti antisommossa contro le forze ucraine. Secondo quanto riferito, le forze russe hanno ampiamente utilizzato il gas clorobenzilidenemalononitrile nelle granate lanciate dai droni sulle posizioni ucraine in tutta la linea del fronte. Il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov ha negato l'accusa ma già nei giorni scorsi l'810ª Brigata di fanteria navale russa aveva già ammesso in un post, poi cancellato, di aver deliberatamente utilizzato granate K-51 con gas CS sulle posizioni ucraine vicino a Krynky. Come se non bastasse, Human Rights Watch in un report ha accusato le forze russe di aver giustiziato almeno 15 soldati ucraini che si erano arresi nel dicembre 2023, mostrando filmati a sostegno dell'accusa. In un caso particolare, i comandanti russi hanno esplicitamente ordinato ai propri soldati di giustiziare i nemici invece di arrestarli, in violazione dell'articolo 41 della Convenzione di Ginevra sulla protezione delle vittime dei conflitti armati internazionali.
«Una speculazione, gli Stati Uniti e l'Ucraina stanno nascondendo l'uso di armi chimiche», prova a replicare Mosca anche di fronte a prove schiaccianti. A difesa di una linea seguita con costanza, a costo di scadere nel ridicolo.
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