Netanyahu sfida Teheran col frammento di drone: non metteteci alla prova

Il premier israeliano davanti al ministro degli Esteri Zarif: «Porti il messaggio ai tiranni»

Netanyahu sfida Teheran col frammento di drone: non metteteci alla prova

S e c'era bisogno di una sveglia sullo stato dei rapporti fra Israele e Iran, Benjamin Netanyahu si è preso buona cura di suonarla al massimo del volume ieri, alla conferenza di Monaco sulla Sicurezza, presenti tutti i grandi del mondo. E il titolo del suo discorso è: «Non metteteci alla prova, ayatollah». I due protagonisti hanno calcato lo stesso palcoscenico, naturalmente non in una discussione diretta. Le immagini parlavano da sole: un azzimato, settecentesco Mohammad Javad Zarif, ministro degli Esteri iraniano, lo stesso che ha gestito, col sorriso del gatto di Alice e il gioco facile che gli ha fornito Obama insieme all'Ue, le trattative che hanno portato all'incredibile accordo-farsa sul nucleare ha risposto a un Netanyahu furioso, diretto, pallido di determinazione e realtà dei fatti quando ha sventolato nell'aria un pezzo del drone iraniano che lo stato islamico ha spedito dalla Siria per spiare dentro Israele.

L'episodio è accaduto due venerdì fa, seguito dalla reazione israeliana, 12 obiettivi in Siria, di cui quattro strutture strategiche iraniane. I giornali europei hanno poi preferito soffermarsi sul fatto che i siriani, sempre con tutta probabilità gestiti dall'Iran che sostiene Assad, hanno atterrato un F16 israeliano. Quindi Netanyhu ha voluto riportare l'attenzione su una presenza sempre più aggressiva ai suoi confini, quella iraniana con i suoi valvassini hezbollah. Zarif, che ha chiamato direttamente in causa chiedendo se riconosceva il suo pezzo di ferro («Lo riconosce? Dovrebbe! È suo. Porti con sé un messaggio ai tiranni di Teheran: non metteteci alla prova») ha risposto ostentando un'aria signorile, dicendo che si trattava di una pagliacciata da cartone animato, ha accusato Israele con disprezzo, come se la sua piazza non urlasse «morte a Israele» una volta al giorno e le sue guardie della Rivoluzione non stessero ormai dando fuoco a tutto il Medio Oriente.

Di fatto la scelta di Netanyahu di un gesto plateale come mostrare la fisicità ferrea dell'attacco iraniano non è causale in tempi che si vanno riscaldando sempre di più, mentre il mondo, esclusi gli Usa che chiedono all'Iran (Rex Tillerson, mercoledì) di ritirare le sue forze dalla Siria, sembrano non capire che cosa rappresenti davvero l'Iran oggi: la repubblica islamica seguita a ostentare una diplomazia melensa mentre i diritti umani sono violati fino alle impiccagioni degli omosessuali e i dissidenti silenziati con la forza; lo scopo del dominio religioso del mondo è dichiarato, il suo sviluppo balistico clamoroso, il suo corridoio di controllo va dal Golfo Persico al Mediterraneo, e include la maggior parte dell'Irak, della Siria (controllati dalle guardie della Rivoluzione), del Libano, controllato dai suoi Hezbollah. Giordania, Egitto, Arabia Saudita sono angosciate dall'assedio iraniano. Le sue milizie combattono in tutti i conflitti, come quello in Yemen. Anche il Corno d'Africa e il mar Rosso sentono il fiato sul collo.

La spesa per il terrorismo internazionale, compreso quello contro l'Occidente ha portato gli iraniani nelle strade a gridare «Lasciate la Siria, pensate a noi». Stephen Heydemann, mediorentalista del Brookings Institute, valuta che l'Iran abbia speso nel 2015 15-20 miliardi di dollari per sostenere Assad, l'aiuto agli hezbollah è di 700-800 milioni, fra i 100 e 250 milioni per Hamas e la jihad islamica.

Oltre a tenere bollente il fronte Nord di Israele, l'Iran cura anche Gaza che, dopo l'esplosione di sabato che ha colpito una pattuglia israeliana facendo due feriti gravi e due lievi, è ora a rischio di guerra. Distruggere Israele è sempre l'obiettivo preferito, ma è l'orchidea nel mazzo di fiori che gli ayatollah vogliono cogliere. Netanyahu gli ha riportato il loro pezzo di ferro.

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