No, la proposta odierna di Hamas di cessare di combattere non può essere accettata da Israele. Netanyahu ha risposto con estrema determinazione e lo ha fatto con una dichiarazione strategica: la scelta di Israele, sulla base dei risultati positivi in guerra, dell'eroismo dei soldati, la costruzione di una Gaza liberata da Hamas è una base per la pace dell'area; con l'avanzare dell'esercito Israele vuole disegnare una vittoria definitiva, decisa, che sia di tutto il mondo democratico contro la rete terroristica internazionale pericolosa per tutti. Il premier ha ripetuto anche con passione la decisione di continuare a cercare un modo di liberare gli ostaggi. Qui si legge anche la volontà di venire incontro agli Stati Uniti e al mondo che desidera vedere una conclusione del conflitto a Gaza. Dall'altra Netanyahu ha alluso alla possibilità di concludere la guerra in tempi non lunghissimi.
L'esercito infatti scoperchia in queste ore le gallerie dove, in una frettoloso spostamento, Sinwar ha lasciato decine di milioni di dollari e le tracce fresche sue e di dodici ostaggi. Si vede che fugge e Gaza è distrutta, la sue milizie sono dimezzate. È un momento complicato, con un doppio messaggio: Hamas fugge fra le rovine, ma d'altra parte lancia proposte complicate e definite da parte di un uomo solo: Sinwar, che riesce ancora a consegnarle a Parigi e al Cairo in risposta a Israele e agli Usa. Netanyahu potrà dichiarerà la fine della guerra solo battendo lo stratega del «peggior evento di antisemitismo dalla fine della guerra» come ha detto ieri Macron. La proposta di Hamas è una sfida, lo stop alla guerra, spiega Netanyahu «porterà alla prossima strage». Ma i tempi e i numeri sono, così appare, ancora sotto esame da parte di Israele e di tutti gli interessati: quattro mesi e mezzo di tregua con la liberazione degli ostaggi in tre fasi in cambio di 1.500 prigionieri. Ma della richiesta impossibile, la conclusione della guerra, anche Biden ha detto che la proposta è «esagerata» mentre resta «positivo».
Blinken, in Israele per la sesta volta, incontra Netanyahu, Herzog, capi dell'esercito e dei servizi per cercare una strada perché il disperato tentativo dei parenti dei 136 rapiti (di cui si dice che solo 85 sarebbero in vita ormai) sia soddisfatto. Kirby il portavoce di Biden, ha indicato nell'Arabia Saudita il garante possibile per il domani e pensa che questo può portare Israele a un dialogo con l'Anp e a un seguito dei Patti di Abramo. Il Qatar certo vorrebbe costringere Sinwar a accettare uno scambio, questo esalterebbe la sua influenza. Netanyahu adesso è stretto fra la richiesta internazionale di uno stop anche se non definitivo e il disegno indispensabile di eliminare Hamas. Se Israele dovesse ritirarsi per sempre dallo scontro di Gaza, lasciando il terreno, andrebbe contro la stragrande maggioranza dell'opinione pubblica, creerebbe l'impossibilità per chi abita sui confini di Gaza di tornare alle proprie città in condizioni di sicurezza. Ma il governo ha certamente al primo posto la necessità di mantenere il suo rapporto indispensabile con gli Usa. La proposta che Sinwar ha fatto avere ai suoi rappresentanti dal profondo delle gallerie di Khan Younis, è zeppa di richieste che Israele non potrebbe mai accogliere, come il controllo della Moschea di Al Aqsa, uno dei temi più vecchi della contestazione islamista, già calda del fatto che il 21 marzo è Ramadan. Inoltre Hamas chiede, fra i 1.500 suoi prescelti in carcere, la liberazione di 500 assassini pericolosi. Hamas chiede 45 giorni per 45 prigionieri, più altri giorni di intervallo, libertà di movimento a Gaza, ulteriore aiuto umanitario un dilemma per Israele che sa che il 70% dei camion finisce in mano a Hamas; 60mila roulotte e tende da dare alla popolazione ormai accumulatasi al Sud cui si dovrebbe garantire libertà di movimento. Russia, Turchia, le Nazioni Unite, forse anche gli Usa (dice Al Jazeera) dovrebbero garantire la realizzazione dell'accordo. Tutte follie grandiose di un capo terrorista in declino.
Blinken è invece concentrato sui temi toccati dal premier israeliano, il rischio per Rafah sul delicato confine egiziano, la continua rapina degli aiuti umanitari da parte di Hamas e cerca quello che si può ritagliare di positivo dopo il discorso di Netanyahu.
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