"Niente integrazione se non si abbassa la quota di irregolari"

Il sociologo Luca Ricolfi: "Non siamo ai livelli francesi, ma il rischio banlieue esiste"

"Niente integrazione se non si abbassa la quota di irregolari"
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Non è per nulla sorpreso. Luca Ricolfi, sociologo e politologo, autore di numerosi libri di successo - l'ultimo è Il follemente corretto, La nave di Teseo - ammonisce: «C'è in Italia un rischio banlieue. Dobbiamo abbassare la quota di irregolari».

Gli scontri di Milano, al quartiere Corvetto, segnano forse una svolta nel disagio delle periferie italiane?

«No, è da diversi anni che assistiamo a scontri e violenze. I dati nazionali della Polizia criminale dicono che la svolta c'è già stata, nel 2021 e soprattutto nel 2022. Nel dopo-Covid la criminalità giovanile è esplosa, specie fra i minorenni stranieri. Lo sappiamo da oltre un anno, ma nessuno pare aver guardato i dati con la dovuta attenzione».

Qualcuno azzarda un paragone con i faló delle banlieue. Stiamo andando in quella direzione?

«La direzione di marcia è quella, ma per fortuna siamo ancora lontani da quel che accade in Francia: l'Italia ha meno immigrati, una quota minore di islamici, e un livello di integrazione più alto».

La tolleranza e il buonismo hanno moltiplicato i ghetti?

«Non credo, una maggiore repressione non cambierebbe granché le cose».

Cosa possiamo fare per disinnescare violenza e emarginazione?

«Abbassare la quota di irregolari, o con i rimpatri (Europa permettendo), o con le regolarizzazioni (alla Berlusconi), o con un mix delle due politiche».

Bisogna lavorare di più sulla frontiera dell'integrazione?

«Sì, ma se il numero di irregolari resta attestato sul mezzo milione non c'è integrazione che tenga».

Le espulsioni sono quasi sempre impossibili. Il governo che strada deve seguire?

«Sei i magistrati perseverano, e le varie corti danno loro ragione, l'unica strada che vedo è chiedere all'Europa di anticipare di almeno un anno (2025 anzichè 2026) l'entrata in vigore del nuovo patto su migrazione e asilo, che consente precisamente quel che i magistrati italiani non consentono».

I giudici attaccano il governo sull'elenco dei paesi sicuri. I magistrati vanno oltre il loro ruolo o difendono i diritti dei più deboli?

«Non sono un giurista, ma noto che c'è una domanda che non viene mai posta, e che per me è cruciale: che succederebbe se i magistrati chiamati a giudicare i trattenimenti venissero estratti a sorte? Se la risposta è che qualsiasi magistrato disapplicherebbe la legge, o rimanderebbe la decisione a corti sovraordinate, allora dovremmo concludere che i magistrati stanno solo facendo il loro dovere. Ma se una percentuale non irrisoria di magistrati convalidasse i trattenimenti, allora dovremmo concludere che gli attuali magistrati - autoselezionati per il loro interesse per le questioni migratorie - stanno andando oltre il loro ruolo».

È vero che gli immigrati irregolari delinquono di più?

«Purtroppo, ormai da molti anni, non vengono più forniti dati statistici con la distinzione regolare-irregolare. Però la stragrande maggioranza dei dati pubblicati in passato mostrava che i tassi di criminalità degli irregolari erano di un fattore 10 più alti di quelli dei regolari (cosa logica e spiegabilissima) e che quelli degli immigrati regolari, a loro volta, erano un po' maggiori (circa il doppio) di quelli degli italiani».

Come si affronta il tabù?

«Il primo passo è non negare i fatti o arrampicarsi sugli specchi per metterli in dubbio, come continuano imperterriti a fare autoproclamati esperti di fact

checking, e ahimè pure qualche studioso accecato dall'ideologia. Poi, una volta accettati i fatti, destra e sinistra farebbero bene a cercare insieme una soluzione, come hanno fatto per la legge contro la violenza di genere».

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