Il colonnello Amadou Abdramane, in divisa azzurra dell'Aeronautica, legge in diretta tv il proclama della giunta golpista. «Noi, forze di difesa e sicurezza, abbiamo deciso di mettere fine al regime che conoscete» del presidente nigerino eletto, Mohamed Bazoum, agli arresti domiciliari con la famiglia, il ministro della Difesa e dell'Interno. «Questo per il continuo deterioramento della sicurezza e il malgoverno dell'economia e della società», aggiunge il militare. E poi annuncia la chiusura delle frontiere, dello spazio aereo e il coprifuoco dalle 22 alle 5 del mattino. Alle sue spalle nove ufficiali, in gran parte in mimetica, come prevede il copione dei colpi di stato. Il colonnello Ibroh Amadou Bacharou, secondo in comando della Guardia presidenziale che ha dato vita al golpe arrestando il presidente. Poi c'è il vice capo di stato maggiore, generale Mohamed Toumba, il comandante dei corpi speciali, Moussa Salaou Barmou e il numero due della Guardia nazionale Ahmed Sidian. In molti ostentano sull'uniforme le ali del brevetto di paracadutista, come i loro uomini che sono stati addestrati dalla missione italiana in Niger. Fino a oggi abbiamo formato 9100 militari delle forze armate nigerine. Il colonnello Sidian, del video golpista, alla fine di un corso sulle tecniche di intervento operativo aveva ringraziato con sentito trasporto l'Italia.
Se nelle prime ore sembrava che l'esercito avesse lanciato un ultimatum agli ammutinati, ieri il capo di stato maggiore, generale Abdou Sidikou Issa, ha emesso un comunicato di sostegno ai golpisti per «preservare l'integrità fisica del presidente e della sua famiglia e per evitare uno scontro mortale tra forze diverse» che «potrebbe provocare un bagno di sangue».
Bazoum, agli arresti domiciliari, riesce ancora a comunicare via telefono e su twitter ha lanciato un messaggio: «I successi duramente conquistati saranno salvaguardati. Ci penseranno tutti i nigerini che amano la democrazia e la libertà». Centinaia di persone sono scese in piazza davanti al palazzo presidenziale e al Parlamento, ma sono state disperse dalle fucilate, soprattutto in aria, delle forze golpiste.
Al momento non ci sono problemi nella base italiana all'aeroporto della capitale dove stazionano anche le forze francesi e americane. Misin, la missione bilaterale autorizzata dal parlamento dal 2018, è guidata dal generale di brigata aerea Nadir Ruzzon. Nei campi di addestramento di Niamey, Agadez e Arlit abbiamo formato «le Forze armate, la Gendarmeria, la Guardia Nazionale e le Forze speciali» nigerine. Il 30 maggio i paracadutisti della Folgore hanno brevettato con un lancio vincolato 57 militari e addestrato interi plotoni. Lo scorso settembre i parà del 185° Reggimento acquisizione obiettivi hanno formato i nigerini del 25° battaglione dei corpi speciali. Il 19 ottobre scorso, alla presenza dell'allora ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, sono stati donati all'Aeronautica due elicotteri AB212 della Guardia di Finanza.
Il Niger è un baluardo dell'Occidente e dell'Europa in Africa e i golpisti hanno garantito che rispetteranno gli accordi internazionali. Il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha ribadito «che è necessario ripristinare l'ordine costituzionale in Niger». Però, Evgeny Prigozhin, il capo di Wagner si è fatto immortalare, ieri, con alcuni funzionari africani che hanno partecipato al summit indetto da Vladimir Putin a San Pietroburgo. E avrebbe incontrato anche rappresentanti del Niger, ma non c'è alcuna conferma. A Niamey, dallo scorso settembre, è apparso il Movimento62, che si propone di cacciare i francesi e le altre truppe straniere dal paese. In piazza sventolano bandiera russe e cartelli con scritto «abbasso la Francia» oppure «I love Putin». Il loro leader, Abdoulaye Seydou, è stato arrestato in febbraio, ma il sentimento anti francese farebbe proseliti anche fra i militari.
Un intervento armato di Parigi a favore del presidente eletto sarebbe possibile, ma si rischierebbe un bagno di sangue.
I diplomatici fanno trapelare che nonostante il golpe sembri cosa fatta si continua a trattare per un compromesso, che in ogni caso disegnerà un nuovo potere in Niger, con conseguenze inimmaginabili sulla pressione migratoria verso la Libia e verso l'Italia.
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