"No all'esercito unico Ue. Margini per intese sui dazi"

Maggioranza compatta sull'informativa della premier in Senato prima del Consiglio europeo (109 sì, 69 no). "L'Europa resti con gli Usa"

"No all'esercito unico Ue. Margini per intese sui dazi"
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«Siamo a fianco dell'Ucraina, ma sosteniamo lo sforzo di pace del presidente Trump. Sui dazi evitiamo rappresaglie. L'esercito unico europeo non è all'ordine del giorno».

È il giorno delle comunicazioni di Giorgia Meloni al Senato in vista del Consiglio europeo di giovedì. Un appuntamento atteso e in qualche modo storico in cui l'Europa punta a ripensarsi e a costruire una nuova politica di difesa mentre l'Italia è decisa a giocare un ruolo di «equilibratore» nei rapporti con Washington. «È un momento decisivo per il destino dell'Italia, dell'Europa dell'Occidente» esordisce la premier, in un discorso che durerà cinquanta minuti.

«Bisogna scongiurare una guerra commerciale che non avvantaggerebbe nessuno, né Stati Uniti né Europa. Credo non sia saggio cadere nella tentazione delle rappresaglie», c'è «spazio per una quadratura». Meloni invia «un affettuoso saluto al Santo Padre» e si rivolge al presidente della Repubblica: «Siamo al fianco di Sergio Mattarella ogni qual volta viene attaccato per la sola ragione di aver ricordato chi sono gli aggressori e chi gli aggrediti». C'è un punto su cui Giorgia Meloni vuole essere assolutamente chiara: «Ho sentito molte ricostruzioni e vorrei ribadire la ferma e totale condanna della brutale aggressione all'Ucraina e il sostegno al popolo ucraino». Una presa di posizione confermata dal testo della risoluzione in cui su afferma che l'Italia «continuerà a sostenere l'Ucraina per tutto il tempo necessario».

Parole altrettanto chiare risuonano rispetto al rapporto con gli Stati Uniti e la Nato. «È giusto che l'Europa si attrezzi per fare la sua parte, ma è ingenuo pensare possa fare da sola fuori dalla cornice della Nato». «L'invio di truppe italiane in Ucraina è un tema che non è mai stato all'ordine del giorno, così come riteniamo che l'invio di truppe europee sia un'opzione molto complessa, rischiosa e poco efficace. Chi tenta di scavare un solco con gli Usa non fa che indebolire l'Occidente a beneficio di ben altri attori».

Giorgia Meloni non nasconde le sue perplessità sul nome del piano scelto da Ursula von der Leyen. «ReArm Europe è un nome fuorviante perché la difesa non si fa semplicemente con le armi». C'è una proposta su cui la premier vuole puntare e riguarda «l'attivazione di garanzie di sicurezza per l'Ucraina tramite l'art. 5 del Trattato Nato, senza che questo implichi l'adesione di Kiev all'Alleanza Atlantica. È una proposta sulla quale sto riscontrando un consenso crescente». Giorgia Meloni ribadisce che gli 800 miliardi del Piano - «un annuncio molto roboante rispetto alla realtà», puntualizza - «non sono risorse tolte da altri capi di spesa» ed «è un inganno sostenere che per la difesa si tagliano i servizi». In questa trappola il governo italiano non intende cadere.

«Non chiedete a me di lasciare questa nazione esposta, incapace di difendersi. So che la libertà ha un prezzo». Un ragionamento che si conclude con una citazione di Pericle: «La felicità dipende dalla libertà e la libertà dal coraggio e ce la metteremo tutta perché ai nostri figli non manchino né la libertà né la felicità».

Se la maggioranza dimostra unità presentando una risoluzione unica, l'opposizione si divide in molti rivoli, con un documento dei Cinquestelle, uno del Pd - che si compatta non senza fatica puntando sulla formula della

«difesa comune» piuttosto che sul riarmo dei singoli Paesi - una di Italia viva, una di Avs e un'altra di Azione. Alla fine di una lunga giornata il Senato approva la risoluzione presentata dal centrodestra con 109 sì e 69 no.

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