"No alla Bohème comunista". Veronesi dirige bendato

Il direttore contesta l'ambientazione sessantottina dell'opera pucciniana. Ma il pubblico lo fischia

"No alla Bohème comunista". Veronesi dirige bendato
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«Non voglio vedere queste scene», ha esclamato rivolto al pubblico alla fine dell'esecuzione. E non si sa se Alberto Veronesi si riferisse alla Bohème che aveva appena finito di dirigere bendato o alle rimostranze del pubblico del festival pucciniano di Torre del Lago, che per la gran parte non aveva gradito la sua clamorosa protesta e che lo aveva insultato per tutta la serata, invitandolo anche a togliersi dai piedi.

Ha fatto un certo scalpore la prima della Bohème di Giacomo Puccini con cui si è aperto il calendario operistico del sessantanovesimo Festival Pucciniano con cui ogni anno la frazione di Viareggio, sua località di adozione e rifugio spirituale, celebra il celebre compositore lucchese. Il regista francese Christophe Gayal e lo scenografo, il connazionale Critophe Ouvrard hanno infatti deciso di ambientare le vicende di Mimì, Musetta, Rodolfo e della loro combriccola di artisti non nella Parigi ottocentesca, ma in quella contestataria ed elettrica del 1968. Una scelta discutibile, come tutte quelle artistiche, ma che il direttore - che è anche presidente del comitato promotore delle celebrazioni pucciniane - ha sofferto personalmente. Ha deciso di non rinunciare al podio del teatro torrelaghese, ma ha scelto di dirigere con gli occhi coperti da un pesante drappo nero. «Ho diretto bendato - spiegherà poi - in dissenso con l'ambientazione dell'opera che attribuisce a Puccini valori, ambienti ed emozioni diversi da quelli che lui intendeva evocare. Ma l'ho fatto anche per protestare simbolicamente per il ruolo che oggi i direttori d'orchestra hanno, relegato sempre di più a battitori del tempo con una frattura tra la parte drammatico-scenica e quella musicale, laddove invece si deve creare uno spettacolo condiviso. Io ho cercato di crearlo ma non ci sono riuscito perché non approvavo né la regia né la scenografia».

Veronesi ha provato a trovare un compromesso con regista e scenografo ma evidentemente senza successo. «Ho chiesto una Bohème rispettosa delle emozioni e del messaggio di Puccini, accettando senza problemi la trasposizione nel tempo ma non quella di valori e ideali. Non è questione politica ma solo di attribuzione di valori a Puccini che lui non intendeva mettere in scena nella Bohème. I suoi personaggi non sono dei contestatori comunisti, la loro forza sta nell'esprimere sentimenti, stati d'animo e pensieri che sono di tutti noi. In questo spettacolo invece si caratterizza solo una parte dell'umanità». Veronesi ha anche fatto che capire che proseguirà con la sua protesta «cieca» anche nelle prossime repliche, se entro il 29 luglio, data della prossima esecuzione, nulla sarà cambiato nella messa in scena.

Il sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi aveva chiesto qualche giorno fa al direttore di rifiutarsi di dirigere un'opera a suo dire così falsata, ma Veronesi ci tiene a chiarire che la sua decisione non è stata influenzata dalla presa di posizione del critico d'arte.

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