Come al solito, c'è chi protesta civilmente e chi sceglie di usare modi più spicci, preferendo la tanica allo striscione. Nelle stesse ore in cui in Liguria si preparava il corteo - con in testa il giornalista Fabio Fazio - contro lo spostamento davanti a Vado Ligure del rigassificatore di Snam, dall'altra parte della Penisola l'ala violenta nel movimento no-gas prendeva di mira il cantiere per l'altro grande impianto di trasformazione del Gnl, previsto al largo di Ravenna, e anch'esso oggetto di vivaci contestazioni ambientaliste.
Nella notte tra il 9 e il 10 a Ravenna qualcuno dalle parole è passato ai fatti. Nel mirino la recinzione del cantiere dove sono in corso i lavori di collegamento alla rete nazionale del futuro impianto offshore. Una bella inaffiata di gasolio, e un innesco che ha scatenato l'incendio. L'intervento dei vigili del fuoco è stato tempestivo e ha limitato i danni. Il sospetto di un attentato è sorto subito, e le indagini congiunte dei pompieri e della Digos poco dopo hanno dato la conferma del gesto doloso: a poca distanza dall'incendio sono state trovate tracce inequivocabili del gasolio utilizzato dai vandali per attaccare il cantiere.
Gesto simbolico o poco più, ma che ha suscitato l'allarme della polizia e della prefettura, tanto che per questa mattina il prefetto Castrese De Rosa ha convocato in seduta straordinaria il comitato provinciale per la sicurezza, con all'ordine del giorno proprio i segnali anti-gassificatore venuti dal mondo antagonista. Il timore è che possa ripetersi quanto accaduto negli anni scorsi ottocento chilometri più a sud, dove le contestazioni al terminale della Tap, il gasdotto necessario per collegare l'Adriatico all'Azerbaigian, iniziarono in modo pacifico e poi divennero, in un escalation di violenze, uno dei passatempi preferiti di estremisti e black blok.
L'impianto di Ravenna è stato deciso per affiancare l'altro rigassificatore, attualmnete attraccato al porto di Piombino e destinato a traslocare a Vado Ligure. Mentre a Piombino la struttura galleggiante - che è a tutti gli effetti una nave, la Golar Tundra, equipaggiata appositamente - è ormeggiata in porto, ad un molo prospiciente la vecchia acciaieria, a modesta distanza dal centro abitato, invece sia la nave destinata a Ravenna che la nuova sede della Golar Tundra saranno collocazioni offshore, a distanza ben maggiore dalla costa: eppure su entrambi i progetti si stanno concentrando accuse di ogni genere: a partire da quella secondo cui la sagoma della nave, a diversi chilometri dal litorale, deturperebbe il paesaggio più di qualunque altro natante.
Sono le accuse consuete che partono ogni volta che un impianto indispensabile (che i due nuovi rigassificatori siano indispensabili per il fabbisogno energetico del paese non c'è dubbio) cerca di trovare una collocazione, e va a sbattere contro la sindrome Nimby, «non nel mio giardino».
É la stessa sindrome con cui già il primo piazzamento della Golar Tundra ha dovuto fare i conti dopo che la scelta era caduta su Piombino: definita una sorta di bomba nucleare pronta a esplodere, voluta fortemente dal governo ma osteggiata a livello locale, la nave alla fine ha ottenuto di ormeggiare a Piombino solo per tre anni, con l'impegno a sloggiare alla scadenza del termine. Col risultato che andranno rifatti i lavori di collegamento in mare e in terra, il cui costo finirà col ricadere sulle bollette degli italiani. Anche quelli che abitano a Vado e Ravenna.
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