Parola d'ordine, non fare nomi. Evitare di aggiungere un altro tema divisivo e rinviare le nomine a quando sarà archiviata l'altra grande grana che il governo sta affrontando, con grande fatica: la riforma del Mes. Oggi al consiglio dei ministri arriverà, in netto ritardo, un provvedimento che pone le premesse per il recovery plan italiano. Il tema della governance verrà appena abbozzato. A capo della struttura che stilerà il programma da sottoporre a Bruxelles ci sarà il premier Giuseppe Conte, affiancato da due ministri. Il responsabile dell'Economia Roberto Gualtieri e quello dello Sviluppo Stefano Patuanelli. Quindi un esponente Pd e uno M5s. La task force relazionerà al Comitato interministeriale per gli Affari europei, che è presieduto dal ministro Vincenzo Amendola, anche lui esponente Dem. Esclusa quindi Italia viva di Matteo Renzi.
Lo scontro politico si sposta quindi sulla struttura tecnica, guidata da sei manager. Uno per ognuno dei temi al centro del piano che dovrà indicare come l'Italia spenderà i 209 miliardi provenienti dal recovery plan (sempre che in Europa si sblocchi la trattativa sul bilancio).
I nomi non arriveranno oggi. Al massimo al consiglio dei ministri si farà il punto sui temi, specificando quali saranno gestiti dal governo centrale e quali dalle regioni.
In teoria saranno abbozzate solo macro aree, anche se ieri da Palazzo Chigi ieri sono trapelati temi popolari, come il progetto per aumentare il numero degli asili nido, con uno stanziamento di 2 miliardi e l'obiettivo di offrire strutture per 750mila bimbi.
Nel recovery italiano ci sarà il cablaggio digitale, misure per l'efficienza energetica e misure per la sanità. Che dovrebbero impegnare circa 20 miliardi. Meno del finanziamento da 36 miliardi del Mes sanitario al quale il governo ha ormai rinunciato. Un pezzo di recovery, insomma, viene dirottato per risolvere un problema politico della maggioranza.
Tutto comunque dipende dalla trattativa in Europa. Il 10 e l'11 dicembre, l'Eurogruppo discuterà della riforma del Mes.
E si capirà anche se l'Europa andrà avanti sul Recovery con tutti gli stati dell'Unione oppure escluderà Ungheria e Polonia. In questo caso l'Ue non potrà finanziarsi con emissioni proprie di obbligazioni e al recovery resteranno solo le risorse dei trasferimenti.
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