La fumata bianca sulle nomine europee in vista del Consiglio Ue di giovedì e venerdì sembra essere arrivata, con lo schema Ursula Von der Leyen presidente della Commissione Ue, Antonio Costa presidente del Consiglio Ue e Kaja Kallas Alto rappresentante per gli Esteri. Si tratta dei nomi che erano stati proposti già alla cena informale dei leader europei la scorsa settimana ma su cui c'era stata una frenata negli ultimi giorni. Invece, a quanto si apprende da fonti diplomatiche, dopo il Consiglio Affari generali di ieri in Lussemburgo, è stato raggiunto un accordo sulle nomine che viene definito «stabile» poiché «non ci sono altri nomi».
Decisiva la trattativa tra i negoziatori dei gruppi dei popolari, socialisti e di Renew: il premier polacco Donald Tusk, il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis, il cancelliere tedesco Olaf Scholz, il premier spagnolo Pedro Sánchez, il presidente francese Emmanuel Macron e l'ex premier olandese Mark Rutte. L'intesa raggiunta tra Popolari, Socialisti e Liberali per i nuovi vertici Ue è arrivata anche grazie alla decisione del Ppe di non impuntarsi sulla richiesta avanzata nei giorni scorsi di una staffetta automatica al vertice del Consiglio Ue dopo i primi due anni e mezzo. Così il socialista portoghese Antonio Costa verrà nominato alla guida del Consiglio europeo per un periodo iniziale di due anni e mezzo - come previsto dai trattati - e poi i leader dovranno decidere in un secondo momento se prorogare la presidenza per la parte restante del mandato.
Il raggiungimento di un accordo in vista del consiglio europeo era tutt'altro che scontato perché tra i leader si erano delineati due schieramenti: il primo che avrebbe voluto attendere l'esito delle elezioni francesi (domenica il primo turno, il 7 luglio il ballottaggio) prima di prendere qualsiasi decisione, il secondo guidato da Macron e Scholz che spingeva per chiudere i negoziati il prima possibile. Non a caso il premier ungherese Viktor Orbàn, dopo l'annuncio dell'accordo raggiunto, ha scritto sul suo profilo Twitter: «L'accordo che il Partito popolare europeo ha stretto con la Sinistra e i Liberali va contro tutto ciò su cui si fonda l'Ue. Invece dell'inclusione, si semina la divisione. Gli alti funzionari dell'Ue dovrebbero rappresentare tutti gli Stati membri, non solo la sinistra e i liberali». In ogni caso, prima che le nomine diventino definitive, dovranno passare dal voto all'Europarlamento (a scrutinio segreto) e ciò comporta tutta un'altra partita sulla composizione della maggioranza europea. Ieri il gruppo dei Socialisti ha confermato come presidente l'eurodeputata spagnola Iratxe Garcia Perez che ha subito dichiarato: «Abbiamo chiaro qual è la linea rossa e la nostra linea rossa sono Ecr e Id». Parole a cui ha risposto il copresidente del gruppo Ecr al Parlamento europeo Nicola Procaccini: «La sinistra italiana e quella di Bruxelles dimostrano sempre gli stessi tic antidemocratici. Chi ha una idea politica diversa dalla loro non deve avere il diritto di esprimersi, di partecipare o di ricoprire una carica istituzionale. Anche se a valle di una legittima elezione popolare».
Anche Valérie Hayer, rieletta capogruppo dei liberal di Renew, ha chiuso alla possibilità di un accordo con i conservatori. Intanto, oltre alla scelta del commissario italiano in cui Raffaele Fitto è favorito, si tratta anche sulle poltrone degli altri commissari e dei vertici europei. Sembra sicura la riconferma di Roberta Metsola a presidente del Parlamento mentre ogni nazione avanza le proprie proposte.
Il Green Deal viene richiesto dalla Spagna per il suo ministro della transizione ecologica Teresa Ribera mentre la Francia sembra optare per l'Antitrust europeo. Il dossier Ucraina è invece conteso tra la Polonia e i baltici con il lettone Valdis Dombrovskis mentre l'Ungheria cerca la riconferma dell'allargamento Ue.
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