Bellinzona (Svizzera) - Salvare una giovane vita umana entro il limite del possibile. Pierluigi Brazzola, medico specializzato in emato-oncologia e caposervizio di Pediatria presso l'Ospedale Regionale di Bellinzona e Valli, quel limite deontologico lo tiene a mente ogni giorno e, nel rispetto della sua professione, non ha mai tentato di valicarlo. Neppure quando gli è stato affidato il destino di Eleonora Bottaro, la ragazza padovana morta di leucemia il 31 agosto a soli 18 anni, compiuti qualche settimana prima. Si è letto che i suoi genitori, ai quali il Tribunale di Padova aveva tolto la patria potestà, si sarebbero rifiutati di sottoporla alla chemioterapia e che avrebbero invocato l'applicazione delle teorie del tedesco Ryke Geerd Hamer, radiato dall'Ordine dei medici nel 1986 per aver eseguito clandestinamente metodi naturali su pazienti affetti da gravi malattie. Ma, a detta del padre, quei metodi non c'entravano nulla: convinta del presunto alto tasso di insuccesso della chemio su persone della sua età, Eleonora si è sottratta ai trattamenti della clinica di Padova e ha chiesto di proseguire le cure tradizionali nel Canton Ticino, dove sembrava guarita. Il ritorno in Italia, poi un nuovo peggioramento, il ricovero urgente all'ospedale di Schiavonia e infine il tracollo. Ora tocca al dottor Brazzola, che l'ha curata invano, chiarire per la prima volta la sua posizione in questa vicenda triste e intricata.
Dottor Brazzola, in merito al decesso di Eleonora, qual è la notizia, a suo avviso diffusa dai media in maniera errata, che vuole rettificare?
«Purtroppo negli articoli di diversi quotidiani e nei servizi delle reti nazionali italiane si è detto che qui da noi Eleonora ha seguito delle cure a base di vitamina C, secondo il metodo del dottor Hamer. Questo è decisamente errato, dato che presso il nostro servizio si seguono glii stessi protocolli di terapia dei centri italiani legati alla AIEP (Associazione Italiana Ematologia Oncologia Pediatrica, ndr). Purtroppo, anche da noi, Eleonora ha rifiutato di seguire quei protocolli, che le avrebbero offerto delle buonissime possibilità di guarigione. L'unica terapia che ci ha permesso di somministrare sono state delle dosi di cortisone, che è parte integrante della terapia classica per le leucemie linfoblastiche acute e che già i colleghi di Padova avevano cominciato».
Più precisamente, in cosa consistono le cure alternative evocate dai genitori e non ammesse in Italia?
«Se devo essere sincero, durante il periodo di ricovero nel nostro reparto, né Eleonora né i suoi genitori hanno accennato alla medicina alternativa. Eleonora era fermamente convinta di poter guarire da sola, ma soprattutto era avversa a qualsiasi forma di terapia con chemioterapici. I genitori hanno tentato la via della Svizzera solo per sottrarsi alla legislazione italiana che avrebbe potuto obbligarla a seguire le terapie, non essendo ancora maggiorenne».
Quando è stata ricoverata a Bellinzona, a che stadio era la leucemia?
«Eleonora è arrivata da noi a marzo. I genitori avevano rifiutato la terapia proposta e avevano ottenuto la dimissione presso un ospedale periferico a Schiavonia. Ciò che fa più rabbia è che la risposta al cortisone è stata ottima con una completa stabilizzazione dei valori ematici e delle condizioni di salute generali».
Nonostante fosse in via di ripresa, la giovane ha avuto un'altra ricaduta, quella fatale. Perché?
«Dopo un mese di cortisone ad alte dosi, abbiamo dovuto diminuire le dosi e poi interromperlo.
Purtroppo malgrado tutti i tentativi per convincerla, Eleonora non ha mai voluto proseguire con le terapie proposte e i genitori la sostenevano in questa decisione, soprattutto giustificando il rifiuto perché convinti la chemioterapia l'avrebbe potuta uccidere. Purtroppo non è stato possibile trovare un dialogo, tanto le posizioni erano radicate».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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