Si possono inseguire i sogni e le suggestioni, ma non i malumori dell'opinione pubblica quando imboccano una direzione precisa. Nel complesso rapporto tra politica e giustizia che avvelena il Paese dagli anni '90, è percepibile un vento di cambiamento. Uno scarto di idee, un nuovo rapporto di forze tra un immaginario partito delle procure e un analogo schieramento improntato al garantismo.
I fenomeni politico-sociali possono essere anticipati dai sondaggi, ma sono sempre i passaggi formali a sancire i nuovi corsi. E alcuni risultati scaturiti al primo turno delle amministrative confermano sensazioni già colte dagli elettori. Le difficoltà incontrate dai candidati civici a tutti i livelli risultano moltiplicate quando l'aspirante politico è un magistrato o un altro soggetto proveniente dalla carriera giudiziaria. Tempi difficili anche per loro.
Palamara, Maresca, de Magistris: tre nomi, tre flop. L'ex grande pentito che ha denunciato «il Sistema» è stato bocciato dagli elettori di Roma Primavalle con un 6% che l'ha tenuto lontano dalla Camera. Non è andata meglio a Catello Maresca, pm anticamorra in aspettativa, che a Napoli ha raccolto solo il 21,90% come candidato sindaco. Si tratta di un magistrato di indubbia caratura, ma la sua discesa in campo è stata fonte di discussione nel centrodestra dove significative componenti hanno contestato la scelta di arruolare un sostituto procuratore mentre si tenta di riformare la giustizia in Parlamento e con i referendum promossi da Lega e Radicali. Addirittura, il coordinatore cittadino azzurro preferì passare al fronte avversario. Anche l'ex pm d'assalto Luigi de Magistris, diventato politico dopo la lunga esperienza di sindaco a Napoli, non ha neppure raggiunto il 17% alle Regionali della Calabria. Si obietterà che Maresca partiva sfavorito mentre Palamara e de Magistris si sono presentati in liste minoritarie o civiche. Tutto vero. Come è vero che la toga è ora considerata come una parte problematica del Paese e non più la soluzione miracolosa per moralizzare la vita pubblica. Specialmente la sinistra, dai lontani tempi di Di Pietro al Mugello, ha svuotato procure e tribunali per catturare voti giustizialisti, giustificati con la perenne emergenza corruzione annidata solo tra gli avversari politici.
Gli italiani, anche dopo la fallimentare inchiesta Stato-mafia, si stanno risvegliando dalla lunga notte
giudiziaria fatta di manette facili e processi conclusi con assoluzioni. Per tutti diventa più facile firmare il referendum sulla giustizia con un clic digitale (oltre 500mila adesioni) che rimpiangere i tempi bui degli Ingroia.
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