Ma non si vede un "king maker" all'orizzonte

Certe occasioni non passano spesso. È un pensiero che in questi giorni ricorre spesso nelle conversazioni di deputati e senatori che si riconoscono nel centrodestra. Il tema è il Quirinale

Ma non si vede un "king maker" all'orizzonte

Certe occasioni non passano spesso. È un pensiero che in questi giorni ricorre spesso nelle conversazioni di deputati e senatori che si riconoscono nel centrodestra. Il tema è il Quirinale. Come si elegge un presidente della repubblica? A sinistra ormai è una consuetudine. È quel lavoro di strategia, contatti, veti e dissimulazioni che gli anglosassoni chiamano «king maker». È l'arte primordiale della politica: mettere un re sul trono. In democrazia non si muovono gli eserciti, ma i grandi elettori, in questo caso una schiera di parlamentari non facili da radunare intorno alle scelte di partito e i delegati regionali. Il Pd, attore principale in questo gioco negli ultimi decenni, ora sembra fuori gioco. Non avrebbe le carte per portare un suo uomo sul Colle. È questa allora la grande occasione del centrodestra, l'alternativa. Vincere una partita che non ha mai vinto, non subire le mosse altrui, non fare da comparsa. Matteo Salvini dice che sta lavorando proprio su questo. Si può fare. Avrebbe, sostiene, già un nome in testa. Qui prima di tutto bisogna capire cosa farà Silvio Berlusconi. La sua candidatura è stata evocata anche ieri da Antonio Lopez, il segretario del Partito popolare europeo. Il discorso che fa Lopez è diretto. Berlusconi al Quirinale e Draghi capo del governo darebbero all'Italia un forte prestigio internazionale. «Sono gli unici veramente apprezzati come leader in Europa». È chiaro quindi che Salvini e Meloni dovranno tenere conto di questa possibilità. Non possono non crederci. È il punto di partenza di qualsiasi strategia. Il rischio è che si vada avanti senza la necessaria chiarezza, senza parlarsi, girando intorno, senza consapevolezza. È un errore che il centrodestra non può permettersi, perché se in questa partita prevalesse l'ambiguità si andrebbero a minare la colonna portante della coalizione. Non ci può essere un futuro senza fiducia. Non si può andare verso le elezioni politiche del 2022 senza superare la prova del Quirinale. È un esame che non mette in gioco solo l'abilità politica, ma si allarga ai rapporti umani. Qualsiasi cosa accada non deve lasciare ferite insanabili, fatte di «non detti», di colpi bassi, di franchi tiratori che spuntano all'improvviso e di cui nessuno vorrà assumersi la responsabilità.

Non può essere soprattutto una gara dove ognuno si muove per proprio conto, come è successo con le amministrative. La gestione dell'avventura Quirinale è per il centrodestra una prova di maturità e ha che fare con la politica e con l'etica. Non si supera con il cinismo.

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