"Non voglio separarmi" Sgozza i due figli e poi si toglie la vita

I bambini avevano 7 e 13 anni. I vicini di casa: "Era attaccatissimo ai suoi piccoli"

"Non voglio separarmi" Sgozza i due figli e poi si toglie la vita

Giada, 13 anni, e il fratello Alessio, 7 anni, sono passati dal sonno alla morte senza accorgersi che quella mano sopra di loro con un coltello stretto tra le dita era del padre. Il papà che amavano, che avrebbe dovuto amarli. E che invece li ha sgozzati, per poi uccidersi con la stessa lama.

È avvenuto tutto a Mesenzana (Varese) nel buio della notte, nera come la maledizione in cui è precipitato Andrea Rossin, 44 anni, incensurato, con una vita fatta di poche garanzie e tante delusioni. A cominciare dal lavoro, sempre precario. Per proseguire con la famiglia, in via di disgregazione dopo la rottura con la moglie. Unica certezza: i figli, Giada e Alessio. Forse proprio tra le pieghe di questi affetti che temeva potessero evaporare va cercato l'interruttore dell'infanticidio. Ma è solo un'ipotesi, un'illazione, buona per tentare di spiegare l'inspiegabile. Tacitare la nostra coscienza di bravi spettatori che, davanti allo scempio, possiamo dire: «Il mostro è lui». Chissà se anche Andrea Rossi, fino all'altro ieri, si considerava un «bravo spettatore» delle disgrazie altrui, salvo poi scoprire di essere dalla parte del cattivo; tanto «cattivo» da arrivare a dilaniare la carne della propria carne, e un attimo dopo a togliersi la vita con lo stesso coltello. In un estremo gesto di espiazione. O di «condivisione»?

Sta di fatto che quando ieri mattina la mamma dei bimbi (da qualche tempo lei si era trasferita dai genitori ndr) è andata a casa del marito per accompagnare i piccoli a scuola, nella camera da letto tra le lenzuola inzuppate di sangue ha trovato Giada e Alessio con la gola squarciate; il corpo del marito steso sul pavimento a pochi centimetri dai figli. Tutti e tre morti. La donna è svenuta. I soccorritori l'hanno portata in ospedale sotto choc. Non è ancora in grado di rispondere alle domande del pm.

Fa la cassiera in un centro alimentare della zona e le colleghe conoscono bene la sua storia. L'amore che era andato scemando, fino alla decisione di separarsi dal marito. Ma in maniera pacifica, se pur tormentata. Nessuna denuncia di violenza ai danni del coniuge. Un uomo «stressato», «depresso», «vittima di disagio psicologico»: insomma, l'intero armamentario delle etichette «usa e getta» che fa da corollario a ogni sciagura con delitto. Agli amici aveva confidato: «È un momento no. Non voglio separarmi. Sto male». Non risulta che Rossin fosse in cura da uno specialista.

L'unica certezza è che ora i nomi di Giada e Alessio vanno ad aggiungersi a quelli dei loro coetanei Davide, Elena e Diego. Cosa li accomuna? L'età e un sorriso pieno di dolcezza, che però non è bastato a fermare il coltello impugnato dai rispettivi papà. La casistica è impressionante. In meno di due anni, sempre in Lombardia, tre padri «impazziti» hanno sterminato i figli. In due precedenti tragedie il «movente» è stato la vendetta nei confronti della mamma dei piccoli, «colpevole» di volersi separare dal marito: «giustificazione» scritta su un bigliettino lasciato accanto ai cadaveri o registrata in un audio a futura memoria.

Drammi impossibili da cicatrizzare: il primo il 27 giugno 2020 a Margno (Lecco), quando Mario Bressi, 45 anni, uccise i figli Diego ed Elena di 12 anni e poi si gettò da un ponte; il secondo lo scorso 2 gennaio a Morazzone (Varese), dove Davide Paitoni, 40 anni, ammazzò il figlio Daniele di 7 anni: una vicenda con tanto di polemiche, considerato che Paitoni, al momento dell'omicidio, era agli arresti domiciliari, ma

ciononostante gli era stato concesso di tenere il figlio per la festa di Capodanno. Ne seguì un triste scaricabarile tra pm e gip, utile solo ad aggravare l'angoscia di una madre che il suo Daniele non potrà mai più abbracciarlo.

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