Un tribunale di Mosca ha revocato la licenza alla versione cartacea del quotidiano indipendente Novaya Gazeta, diretto dal Premio Nobel per la pace Dmitry Muratov. La decisione è stata presa su richiesta dell'ente statale per il controllo sui media. Il giornale aveva comunque sospeso le pubblicazioni per decisione autonoma già da marzo denunciando pressioni delle autorità per la sua posizione critica contro la cosiddetta operazione militare speciale in Ucraina. La domanda di revoca della registrazione era stata presentata al tribunale distrettuale di Basmanny il 26 luglio scorso. «I giudici hanno soddisfatto la richiesta amministrativa di Roskomnadzor di revocare il certificato di registrazione dalla casa editrice CJSC Novaya Gazeta», ha spiegato un rappresentante del tribunale. Novaya Gazeta era già stata costretta, il 28 marzo scorso, a sospendere le pubblicazioni dopo aver ricevuto un secondo avvertimento da Roskomnadzor. Il primo avviso era stato emesso il 22 marzo perché la testata non avrebbe segnalato con il bollino «agente straniero» uno dei suoi articoli che l'ente regolatore aveva chiesto di modificare. Il quotidiano ha comunque aperto una redazione che lavora dall'Europa e solo online. «Il giornale è stato ucciso oggi. Hanno rubato 30 anni di vita ai suoi dipendenti. Privato i lettori del diritto di ricevere informazioni», si leggeva nell'editoriale di ieri. «Si tratta di un verdetto politico, senza alcuna base giuridica», ha commentato il direttore e Premio Nobel, Muratov. La battaglia non è ancora persa, perché Novaya Gazeta ha deciso di impugnare la sentenza del tribunale. Per l'Onu la revoca della licenza costituisce un «altro colpo all'indipendenza dei media russi».
Sempre ieri un tribunale di Mosca ha condannato a 22 anni di carcere l'ex giornalista Ivan Safronov con l'accusa di alto tradimento per aver divulgato segreti di Stato. Il giudice ha comunicato che Safronov sconterà la pena in una «colonia penale a regime rigoroso».
Il reporter 32enne lavorava per i giornali economici Kommersant e Vedomosti ed era uno dei giornalisti più rispettati del Paese in materia di difesa, politica e spazio. Safronov è apparso in tribunale all'interno di una gabbia di vetro per gli imputati, il cosiddetto «acquario»: indossava una tuta grigia e un giubbotto nero e aveva le mani ammanettate.
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