Nove anni a Robinho per stupro, ipotesi estradizione

Condanna confermata per l'ex calciatore del Milan ora in Brasile. Il ministro: "Sì al carcere"

Nove anni a Robinho per stupro, ipotesi estradizione

La condanna ora è definitiva: nove anni di carcere per violenza sessuale di gruppo nei confronti di una ragazza albanese all'interno di un locale di Milano la notte del 22 gennaio del 2013. Tanti dovrà scontarne l'ex attaccante del Milan, Robinho. Sempre che si riesca ad estradarlo dal Brasile, dove si trova da tempo il calciatore. Le autorità brasiliane non consegneranno Robinho all'Italia in quanto la Costituzione federale non consente l'estradizione dei cittadini brasiliani. Tuttavia, se l'Italia emettesse un mandato d'arresto internazionale contro l'ex stella del Milan quest'ultimo non potrà recarsi in nessun luogo che abbia un accordo di estradizione con il nostro Paese. Ragione per la quale negli ultimi anni l'attaccante non ha potuto mettere piede in quasi 70 nazioni del mondo, tra cui Argentina, Australia, Canada, Stati Uniti e Regno Unito.

I giudici della terza sezione penale della Cassazione hanno dichiarato inammissibile l'istanza avanzata dai difensori del calciatore brasiliano e dell'altro imputato, Ricardo Falco, un suo amico. «Un epilogo giudiziario gravemente ingiusto», per l'avvocato Franco Moretti, che aspetta comunque di leggere le motivazioni della sentenza. Soddisfatti, invece, i legali di parte civile: «La giustizia ha fatto il suo corso. Il problema adesso diventa politico. Il punto è capire cosa vorrà fare il Brasile: confidiamo che tuteli le vittime e non i colpevoli e che sconti la pena», commenta l'avvocato Jacopo Gnocchi.

La sera dei fatti Robinho e gli amici avrebbero fatto bere la ragazza, allora 23enne, fino al punto da renderla incosciente. Poi l'avrebbero violentata a turno, senza che lei potesse opporsi, nel guardaroba di un locale notturno della movida milanese, dove la giovane stava festeggiando il suo compleanno. Il sostituto pg Cuno Tarfusser aveva chiesto in appello la conferma delle due condanne, smontando nel suo intervento le quattro consulenze tecniche prodotte dalla difesa, tra cui una con foto tratte dai social e che puntava a dimostrare che la ragazza era solita bere alcolici e un'altra sulle sue condizioni psicofisiche.

Nelle motivazioni della sentenza i giudici scrivevano che l'ex stella rossonera e i suoi «complici» (altri quattro irreperibili) hanno manifestato «particolare disprezzo» nei confronti della vittima che è stata «brutalmente umiliata» e hanno da subito «cercato di sviare le indagini offrendo una versione dei fatti falsa e previamente concordata».

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