Nucleare, auto, case e debito comune: ecco tutte le sfide economiche della Ue

Le rinnovabili non bastano, ora una nuova politica industriale senza dogmi green. La sfida mercato unico

Nucleare, auto, case e debito comune: ecco tutte le sfide economiche della Ue

Per non finire schiacciata tra Cina e Stati Uniti, la nuova Commissione europea dovrà lasciarsi alle spalle dogmi ideologici e interessi particolari per vincere le grandi sfide economiche che l'attendono. Tra le più importanti spicca senza dubbio quella dell'energia. E chissà se questa legislatura europea sarà quella in cui si riuscirà finalmente a costruire un vero mercato unico dei capitali, considerato il dilemma di reperire le risorse per finanziare le molte e costosissime misure per centrare gli obiettivi strategici dell'Unione europea.

LA SFIDA DELL'ENERGIA

Se l'Europa vuole centrare l'obiettivo della neutralità climatica al 2050 senza radere al suolo la sua industria, avrà bisogno di investire sulle rinnovabili, ma soprattutto dovrà ricorrere all'energia nucleare. Le centrali di nuova generazione, più piccole e sicure, dovrebbero essere una parte importante del futuro di un'Europa che punta ad aumentare la capacità nucleare di 50 Gigawatt entro i prossimi 25 anni. C'è anche una stima di spesa, proveniente dal commissario europeo al mercato interno, Thierry Breton: 500 miliardi al 2050, più altri 50 per manutenere le centrali esistenti. Sarà fondamentale garantire accesso all'energia a prezzi competitivi a tutte le aziende europee: non a caso il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, ha proposto di istituire un mercato europeo dell'energia con prezzi uguali per tutti, cosa che sarebbe estremamente utile per aumentare la capacità di competere della manifattura europea (Italia in testa, che deve purtroppo fare i conti con costi di approvvigionamento energetico estremamente elevati).

INDUSTRIA E AMBIENTE

Sarà poi da mettere a punto una politica industriale che per più forze politiche dovrà essere meno piegata sui dogmi green, ma portatrice di maggiore equilibrio. Dovrebbe quindi riaccendersi il dibattito per spostare più avanti del 2035 l'addio ai motori endotermici. Allo stesso modo, dall'Italia sarà forte il pressing per istituire una neutralità tecnologica sul futuro dell'automotive: che non si fermi, cioè, al solo motore elettrico (dove l'industria cinese è avvantaggiata su tutti i fronti) e includa anche motori alimentati da biocarburanti. La transizione energetica richiederà poi un ingente quantitativo di materie prime critiche: andrà quindi messo a terra il recente progetto europeo per estrarle, riciclarle e processarle. Una sfida non facile, considerando le resistenze che, in molti Paesi dell'Unione, solitamente si incontrano per avviare nuovi progetti estrattivi. Sarà, inoltre, da capire che tipo di rapporti verranno sviluppati con la Cina: infatti, premendo il bottone dei dazi per proteggere i produttori europei l'Unione potrebbe subire ritorsioni dal Dragone, che resta un mercato di sbocco significativo per l'export continentale. Basti pensare che Pechino è il primo partner commerciale della Germania, con un interscambio di merci che nel 2023 è stato superiore ai 253 miliardi di euro (oltre 97 miliardi le merci tedesche esportate in Cina).

RISORSE PER DIRETTIVA CASE GREEN

Approvata in questa legislatura, la direttiva sulle case green sull'efficientamento energetico degli edifici rischia di essere una stangata per gli Stati membri, che dovranno decidere come raggiungere l'obiettivo di abbattere i consumi degli edifici residenziali del 16% entro il 2030 e del 20% al 2035. Per quanto sia difficile fare conti certi, sono circolate stime di spesa per 600 miliardi solo in Italia. Il problema, però, non è solo del nostro Paese e sarà da capire come i Ventisette potranno finanziare la misura al netto degli stringenti vincoli di bilancio del nuovo Patto di Stabilità. Del resto, per dirla con il ministro dell'Economia italiano, Giancarlo Giorgetti, la domanda a cui rispondere è: «Chi paga?».

DIFESA E DEBITO COMUNE

Ben lontana dal realizzare un esercito comune europeo, l'Europa dovrà sostenere spese per puntellare la sua Difesa in uno scenario di rischi geopolitici sempre più evidenti. L'idea di raggiungere il 2% di spesa sul Pil degli obiettivi Nato rappresenta un costo ingente (per l'Italia si parla di 9 miliardi annui). Considerato che i bilanci saranno limitati dal nuovo Patto di Stabilità che prevede, per i Paesi più indebitati, un punto in meno di debito/Pil all'anno e un deficit che deve scendere ben al di sotto del 3%, riesce davvero difficile immaginare come poter sostenere gli investimenti stabiliti a Bruxelles su difesa ed energia. Una via sarebbe il debito comune, già praticata per l'esperienza Next Generation Eu, ma su questo punto c'è l'opposizione dei falchi del Nord Germania in testa che non sarà facile da scalfire.

IL MERCATO UNICO DEI CAPITALI

Infine, per quanto riguarda i mercati finanziari, rimangono da completare le grandi incompiute del mercato unico dei capitali e dell'unione bancaria. Per quanto riguarda la prima, infatti, si parla (senza successo) di superare la frammentazione normativa dei Paesi, per creare un unico grande mercato per convogliare il risparmio europeo al finanziamento delle aziende più brillanti. Lo stesso discorso vale per l'unione bancaria, che servirebbe peraltro ad agevolare le fusioni transfrontaliere.

La mancanza di grandi campioni del credito continentali è un grosso limite per il blocco economico europeo confrontato a big americani come Jp Morgan e Citigroup. Peraltro, le due principali banche italiane, Intesa Sanpaolo e Unicredit con valutazioni borsistiche oltre i 60 miliardi di euro sarebbero ben posizionate in un potenziale risiko su scala europea.

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