La nuova Cina che resta al medioevo morale. Tutti in gita allo stadio per vedere l'esecuzione

Condanna capitale pubblica per un gruppo di dieci spacciatori. In migliaia vengono portati ad assistere allo "spettacolo" educativo. È l'eterno ritorno di Mao

La nuova Cina che resta al medioevo morale. Tutti in gita allo stadio per vedere l'esecuzione

In Cina, nella regione di Guangdong, sul lato di una piazza che può contenere un migliaio di persone, è stato allestito un teatrino dove andranno a recitare la loro morte dieci persone. Il teatrino è elegante, tutto blu: la recita non ha niente di fantasioso, è reale, quei dieci vengono giustiziati in pubblico con una pallottola nella nuca, il cui costo deve essere risarcito dai famigliari del condannato.

Anche il pubblico che assiste all'esecuzione è vero, è stato convocato nella piazza con ogni mezzo della comunicazione, dal web ai manifesti attaccati sui muri delle case. Qualcuno si è portato la sedia da casa per attendere più comodamente l'arrivo dei condannati, altri fanno trascorrere il tempo mangiando, facendosi i selfie con lo sfondo del teatrino blu.

Sembra una scena già vista nei film che rievocano la Rivoluzione Francese con la sua ghigliottina nelle piazze tra la gente in festa. Ma non è necessario andare tanto in là nel tempo, perché queste macabre ritualità erano praticate durante la rivoluzione culturale comunista del condottiero Mao Tze Dong.

Estetizzazione della morte significa fare spettacolo di quell'attimo supremo in cui è visibile il passaggio dalla vita alla sua ineludibile fine. È un rito che soddisfa le pulsioni più profonde dell'animo umano, che esalta il sentimento di potenza di colui (di coloro) che si arroga il diritto di dare la morte.

Ci si può chiedere come sia possibile che uno Stato tecnologicamente avanzato come la Cina, dominante economicamente il mondo, potenza nucleare, membro permanente del consiglio di sicurezza dell'Onu, possa celebrare con tanta enfasi questa estetizzazione della morte. Una questione è quella di ammettere nel proprio ordinamento giudiziario la pena di morte: si può discutere, ci sono i favorevoli e i contrari. Altra cosa è quella di rendere la pena uno spettacolo pubblico, con cui si suppone di educare il popolo al rispetto della legge. E non è un problema secondario: in linea di principio ciò che davvero educa è l'esempio, chiaro, inconfondibile. Non a caso grandi civiltà, da quella greca a quella romana, e grandi religioni, da quella cristiana a quella mussulmana, per non ricordare altro, hanno in un passato, non soltanto remoto, estetizzato la pena di morte come rappresentazione esemplare per educare il popolo, ritenendo che essa abbia un senso se resa pubblica, visibile, così da spaventare per educare e proibire.

Da sottolineare che la gente partecipa allo spettacolo della morte, certamente con una curiosità morbosa, ma anche con un sentimento di reciprocità con il potere che dà la pena: io si pensa - sono bravo e mi merito di vivere, tu sei malvagio ed è giusto che ti puniscano, anche con la morte.

Dunque, sia riflettendo sulla Storia passata, sia sul mediocre sentimento dell'animo umano, si potrebbe ammettere che la pena di morte comminata pubblicamente sia un esempio che produce effetti educativi. Eppure ci indigniamo, non comprendiamo come ciò possa accadere in un Paese moderno come la Cina.

Perché? Perché l'estetizzazione, tanto teatrale, delle condanne a morte in Cina ci sbatte in faccia con brutalità, ma anche con molta franchezza, un passato che non abbiamo mai, purtroppo, davvero superato; perché la nostra civiltà laica, tecnocratica, sempre pronta agli appelli sul rispetto dei diritti dell'uomo non è ancora riuscita realmente a oltrepassare l'idea che l'uomo possa essere padrone della vita degli altri, che possa decidere sulla sua morte; perché nel profondo dell'anima non si crede veramente che la vita sia un valore inviolabile e che mai, in nessun caso, si possa annientare.

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