Il cerchio dei pm di Bergamo che indagano per epidemia colposa si stringe intorno al ministero della Sanità. Nei prossimi giorni verranno ascoltati Claudio D'Amario, ex responsabile della Prevenzione, e a Giuseppe Ruocco, attuale direttore generale del ministero della Sanità. I due verranno sentiti entro metà febbraio come persone informate sul famigerato piano pandemico dell'Italia, previsto dalle direttive Oms e dalla Ue e fermo al 2006, come si è letto lo scorso maggio nel rapporto indipendente e poi misteriosamente ritirato dopo 24 ore.
Se l'Italia avesse avuto un piano aggiornato forse si sarebbero potute evitare molte vittime, è la tesi dei magistrati guidati dal procuratore Antonio Chiappani, che da settimane lavorano senza sosta per individuare le eventuali responsabilità dietro i quasi 80mila morti che l'Italia registra per la pandemia, una cifra record rispetto al resto del mondo.
Nel report Oms, scovato da Robert Lingard del comitato Noi Denunceremo, che rappresenta i parenti delle vittime Covid della Bergamasca lo scorso settembre e già nelle mani dei pm, l'Italia veniva fuori come un Paese impreparato a fronteggiare l'emergenza proprio per l'assenza di un Piano preciso e aggiornato, tanto che alla vigilia dello scoppio della pandemia - tanto per fare un esempio - l'Italia aveva mandato migliaia di mascherine in Cina. Mascherine e dispositivi di protezione che invero qualche giorno dopo avrebbe fatto molto comodo a medici, ospedali e cittadini, ma tant'è.
Sul tema i pm hano già ascoltato l'ex direttore generale della Prevenzione Ranieri Guerra (che nel 2018 fu nominato direttore vicario dell'Oms), accusato ancora l'altra sera su Non è l'Arena su La7 da uno degli autori del report Oms, Francesco Zambon, di aver fatto pressioni per far sparire il documento che inchiodava l'Italia e lo stesso Guerra, che della stesura del piano pandemico era il diretto responsabile. La richiesta di Guerra di scrivere «aggiornato» nel 2017, e non «confermato» è stata respinta da Zambon, e Guerra non l'avrebbe presa bene.
Non è escluso che venga ascoltato dai magistrati bergamaschi anche lo stesso ministro della Salute, Roberto Speranza, che nel frattempo sta ultimando un piano pandemico antiinfluenzale aggiornato fino al 2023. Secondo la bozza a disposizione del Giornale, il documento prevede «l'autosufficienza di mascherine per gli operatori sanitari» ma anche per i cittadini, una filiera pronta a produrre altri dispositivi di protezione individuale, posti di terapia intensiva in più pronti per l'uso (come per il tanto vituperato ospedale in Fiera a Milano, realizzato anche grazie ai lettori del Giornale), e formazione continua finalizzata al controllo delle infezioni respiratorie e non solo. Misure di buon senso, che avrebbero fatto comodo soprattutto un anno fa. Ma a far discutere sono invece alcuni passaggi su chi curare e chi no in emergenza: «Quando la scarsità rende le risorse insufficienti», si legge nella bozza, i trattamenti necessari «devono andare preferenzialmente a quei pazienti che hanno maggiori possibilità di trarne beneficio».
E, tanto per non farsi mancare nulla, spunta persino il conflitto d'interessi sul vaccino «italiano», che italiano non è (la società Reithera è controllata dalla finanziaria svizzera «anonima» Keires, ricorda Dagospia), sui cui dovrebbero
arrivare milioni di euro finanziati dalla Ue. Eppure è stato già «benedetto» da Iss, Consiglio superiore della Sanità e Aifa, che sui vaccini dovrebbe vigilare come dovrebbe fare il ministro Speranza. Indagherà qualche pm?
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