Anche l'Italia sotto attacco. Almeno sul fronte cibernetico, il secondo di questa guerra folle e insensata. L'allarme arriva dal Csirt, il Computer Security Incident Response Team dell'Agenzia per la cybersicurezza nazionale (Acn): oggi nel nostro Paese potrebbero verificarsi cyber-attacchi a siti istituzionali e non solo». «Da notizie riservate - si legge - si è appreso che domenica 6 marzo potrebbero essere eseguiti attacchi cyber, legati alla situazione internazionale, ai danni di enti governativi e industriali, non meglio definiti, anche nel nostro Paese».
L'avvertimento sembra degno della massima attenzione. E il Csirt ricorda «la necessità di adottare tutte le misure di protezione degli asset IT, in particolare quelle oggetto degli alert specifici già diffusi dall'Agenzia per la Cybersicurezza» e raccomanda di «comunicare eventuali evidenze di attività malevole utilizzando i canali di comunicazione dello Csirt Italia».
Qualcuno è già corso ai ripari. Come la Regione Lazio, che in una nota diramata ieri sera fa sapere per voce dell'assessore alla Sanità Alessio D'Amato che «il sistema sanitario regionale (Ssr) è in stato di massima allerta ed è stato innalzato il livello di cybersicurezza. È stato attivato il monitoraggio in tempo reale dei sistemi di sicurezza. Massima attenzione alla posta elettronica, all'antivirus, ai siti esposti verso l'esterno»
Ma c'è davvero da preoccuparsi? Un po' sì, anche se quando tuonano le armi le schermaglie informatiche sembrano solletico. «La guerra è una cosa troppo seria per essere combattuta nel cyberspazio. E quindi oggi stiamo vedendo tutti i limiti di una cyber war all'interno di un conflitto armato vero, quello guerreggiato, quello cinetico, fatto di bombe, aerei e carri armati», spiega al canale Youtube dell'Agi Stefano Mele, avvocato e membro del Comitato atlantico italiano, secondo il quale «l'ambito cyber è stato in realtà importante per tutto ciò che era prima del conflitto, tramite la propaganda, o attacchi a siti di informazione. In questo momento ha molto meno effetto».
Il collettivo di hacker Anonymous nei giorni scorsi, con un video, si era schierata apertamente annunciando una guerra informatica senza precedenti contro la Russia, facendo germogliare una grande aspettativa nei confronti della sua azione. Da allora si sono succeduti attacchi coordinati, blitz di lupi solitari e rivendicazioni su Twitter in una mobilitazione senza precedenti di hacker e cyberattivisti in ogni parte del mondo, pronti a difendere l'Ucraina dalle proprie tastiere, a cercare di creare danni, di qualunque tipo, alla Russia. Si calcola (non esistono ovviamente dati ufficiali) che siano stati fino a ieri 2mila gli attacchi informatici compiuti da o per conto di Anonymous in Russia. Una guerriglia dall'alto valore simbolico e talora dal potente effetto scenico ma dal dubbio effetto pratico.
Il 26 febbraio sono stati messi fuori uso il sito del Cremlino e quello della Difesa di Mosca, di cui è stato diffuso parte del database; il 2 marzo la cyber-offensiva ha colpito il sito dell'agenzia spaziale russa, Roscosmos e lo stesso giorno gli hacker hanno pubblicato documenti che mostravano che l'attacco russo fosse stato deciso il 18 gennaio e una mappa piuttosto dettagliata dell'invasione.
Poi sono stati abbattuti i siti di diverse testate giornalistiche russe e agenzie di stampa e quelli di colossi energetici come Gazprom e Lukoil. Ma ongi volta l'effetto degli attacchi è durato poche ore. I siti sono stati riattivati nel giro di poche ore. I cannoni valgono ancora molto di più dei mouse
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