È cominciata con una riflessione in chat tra persone che lo fanno stesso mestiere: l'imprenditore. E lo fanno proprio nel «cratere» del virus, a Brescia, insieme a Bergamo una delle zone più martoriate d'Italia a causa del Covid-19. La sostanza del messaggio che circola di telefonino in telefonino raccogliendo adesioni è questa: le aziende a Brescia, come nel resto d'Italia, si aspettano che, al secondo tentativo, il governo mantenga la promessa mancata con il Cura Italia: far arrivare fondi alle imprese per non lasciarle affogare nella mancanza di liquidità. Ma da questi imprenditori, che mantengono una robusta dose di scetticismo verso l'approccio statalista, arriva la proposta di fissare paletti per evitare che ad approfittare delle risorse immesse nel sistema ci sia anche qualche furbetto dell'aiutino. Una sorta di autoregolamentazione, un suggerimento al governo affinché vincoli i fondi a un uso responsabile: non lasciarli fermi sui conti bancari, spenderli esclusivamente per pagare fornitori e dipendenti. Per tenere a galla l'azienda, dunque, lasciare che arrivi ancora reattiva all'appuntamento con i mercati dopo la quarantena produttiva, senza speculazioni di sorta.
«Un appello di questo tipo è arrivato anche a noi di Forza Italia - spiega Sestino Giacomoni - un grande imprenditore ci ha chiesto di farci portavoce presso il governo di questa richiesta. Noi la condividiamo e a differenza dei 5 Stelle, che hanno coniato lo spregiativo prenditori, troviamo che questo appello sia la prova del senso di responsabilità della categoria». Le aziende, dopo il colpo sparato a vuoto dal governo con il decreto Cura Italia, che si è rivelato inefficace, sono preoccupate che non ci siano ulteriori ritardi. «Una crisi nata simmetrica perché tutto il mondo è stato colpito - spiega il deputato azzurro - rischia di diventare asimmetrica, perché molti altri Paesi d'Europa e del mondo sono più avanti di noi nel sostegno all'economia».
Il decreto Cura Italia, oltre a sbagliare la regolamentazione dei prestiti straordinari per le Pmi che dovrebbe essere rivista con la nuova norma attesa invano da giorni, ha completamente dimenticato le grandi aziende. La maggior parte delle agevolazioni è limitata a chi ha un fatturato inferiori ai due milioni di euro. Ma le società più grandi, sebbene in genere abbiano una capacità finanziaria maggiore, se sono tra quelle fermate dal «lockdown» sanitario vengono colpite duramente dalla crisi e, se non ce la fanno a pagare stipendi e fornitori, si rischia di innescare una spirale di sofferenze che si allarga a tutti i livelli del mondo produttivo.
«Noi ci opporremo sempre a puntare sul reddito di emergenza anziché garantire il lavoro - dice Giacomoni, che è membro del coordinamento di presidenza di Forza Italia - . Chiediamo che il governo ascolti gli imprenditori ma con il giusto approccio: condizionare la garanzia dello Stato sui prestiti significa che, se ad esempio un fornitore o un lavoratore segnala che l'imprenditore non paga, tu revochi il finanziamento. Va evitato invece che la proposta degli imprenditori venga tradotta in nuova burocrazia e macchino si adempimenti».
Il timore di Forza Italia è che invece prevalgano gli istinti assistenzialisti.
Pur riconoscendo la necessità di un sostegno a chi in questo momento non ha reddito, la proposta azzurra resta contraria a omologhi del reddito di cittadinanza, puntando invece sulla ricetta liberale: taglio delle tasse e produzione di ricchezza per garantire benessere al maggior numero di persone.
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