Inizia oggi la due giorni a Washington della missione congiunta franco-tedesca guidata dal ministro delle Finanze, Bruno Le Maire, e dal ministro dell'Economia, Robert Habeck. Lo scopo ufficiale della visita è chiedere «trasparenza» all'amministrazione di Joe Biden, impegnata a mettere a terra i 370 miliardi di dollari dell'Inflation Reduction Act, la legge per sostenere la transizione green delle imprese Usa, voluto dal presidente stesso per compensare il calo degli investimenti conseguente ai rincari delle materie prime.
Parigi e Berlino sono più che mai unite dalla contrarietà verso questo maxi-piano che potenzialmente può distorcere la concorrenza a livello globale, mettendo in difficoltà le imprese tedesche e francesi. Ecco perché Le Maire e Habeck chiederanno al segretario al Tesoro, Janet Yellen e alla titolare del Commercio, Gina Raimondo, che il governo americano condivida l'importo e i beneficiari degli aiuti in un «meccanismo di trasparenza reciproca». La sfida, ha fatto sapere il ministro francese, «è riuscire a sviluppare insieme, negli Stati Uniti e in Europa, un'industria verde efficiente e competitiva, la più innovativa del pianeta».
Dietro le nobili motivazioni ci sono - e non potrebbe essere altrimenti - interessi particolari. Le amministrazioni Macron e Scholz sono fortemente interessate a un coinvolgimento del comparto automotive delle due nazioni (che comprende Stellantis, Renault, Volkswagen, Daimler-Mercedes e Bmw) nel programma di sussidi per auto elettriche e batterie prodotte negli Stati Uniti. Insomma, Germania e Francia ritengono di avere legittimamente diritto a una «fetta di torta» vista la forte partnership commerciale tra i due Paesi europei e gli Stati Uniti. Non è un caso che Le Maire e Habeck nello scorso dicembre abbiano scritto assieme una lettera aperta in cui mettevano in guardia dai pericoli rappresentati dall'Inflation Reduction Act, lasciando trapelare la possibilità di ricorrere al giudizio del Wto contro Washington.
E non è un caso che questa visita di Stato arrivi praticamente alla vigilia del Consiglio Ue del 9 e 10 febbraio nel corso del quale la presidente Ursula von der Leyen presenterà la controproposta europea all'iniziativa americana. Il piano consiste nella creazione di un fondo sovrano europeo (per il quale, secondo Bruxelles, sarebbero disponibili 250 miliardi del piano anticrisi energetica Repower Eu e altri 100 miliardi dai fondi di coesione). È la mossa caldeggiata dalla maggioranza dei governi europei, incluso quello di Giorgia Meloni, per evitare che un ulteriore allentamento del regime degli aiuti di Stato (proposto da Francia, Germania e frugali e sostenuto dal commissario alla Concorrenza Margrethe Vestager) devasti il mercato unico creando una «Serie A» per i Paesi ricchi e una «Serie B» per quelli ad alto debito. Come ha fatto notare il ministro degli Affari Ue, Raffaele Fitto, Berlino e Parigi sono destinatarie del 77% dei provvedimenti di autorizzazione di aiuti di Stato.
Ma Roma non resta certo a guardare. Il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha convocato per questo pomeriggio a Palazzo Chigi una riunione della cabina di regia del Pnrr per avviare il confronto su Repower Eu. Alla riunione parteciperanno i ministeri competenti e le partecipate pubbliche del comparto energetico: Eni, Enel, Snam e Terna. Nell'incontro saranno illustrate, si legge in una nota, «le nuove opportunità previste da Repower Eu, i tempi e le modalità con le quali sarà definito il nuovo capitolo nell'ambito del Pnrr».
È probabilmente un segno dei tempi: i due governi più europeisti hanno scelto la strada dell'autonomia, mentre l'esecutivo italiano, inizialmente sospettato e tacciato di simpatie sovraniste, lavora per anticipare i programmi di von der Leyen.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.