Ora i democratici rottamano il Pd

Il Pd si risveglia con le ossa rotte. Su 20 capoluoghi 13 sono andati al centrodestra, 1 al M5S e soltanto 6 al centrosinistra ma brucia soprattutto lasconfitta nelle ‘Regioni rosse’

Ora i democratici rottamano il Pd

Il Pd si risveglia con le ossa rotte, al termine di una tornata elettorale che ha segnato una delle sue sconfitte più grandi. Su 20 capoluoghi 13 sono andati al centrodestra, 1 al M5S e soltanto 6 al centrosinistra ma, soprattutto, è sempre più evidente che non esistono più ‘Regioni rosse’.

"Dobbiamo cambiare e ricostruire. Con umiltà e coraggio. Un nuovo Pd per un nuovo centrosinistra #ballottaggi #amministrative", ha twittato il segretario reggente Maurizio Martina che, ospite a Circo Massimo su Radio Capital, parla del suo partito come di “una comunità che ora sta soffrendo”. “Sono d'accordo sul lavoro di ripensamento complessivo di linguaggio, di idee, di forme ma non sono d'accordo sul superare il Pd. Io – spiega - credo nella ricostruzione di un campo di centrosinistra con il Pd alla guida di un progetto più largo. Penso che nel civismo possiamo trovare forze e idee per aggregare. A luglio faremo l'assemblea nazionale e in quella sede decideremo il percorso dei prossimi mesi”.

Per l’ex ministro Carlo Calenda “è ora di darsi una mossa” perché “"le sconfitte ai ballottaggi, pesantissime anche da un punto di vista simbolico, danno l'idea di un centrosinistra che sta uscendo dalla storia dell'Italia mentre ne avremmo più bisogno”. Calenda, su Facebook, rilancia l’idea di un Fronte Repubblicano che coinvolga “tutte le forze politiche, civiche e associative che si vogliono impegnare per sostenere una proposta alternativa ai partiti che fanno parte di questo Governo". Su questo Andrea Orlando, deputato della minoranza Pd, ai microfoni di Radio Anch'io, chiarisce: “è una delle formule di cui parleremo al congresso ma questo non è il momento di parlare di formulette". Poi precisa il suo punto di vista:“Serve anche un nuovo vocabolario, bisogna rivedere l'impianto teorico: non si tratta di organigrammi o figurine. Bisogna parlare di condizioni materiali delle persone, dello spaesamento per i cambiamenti sociali, di scuola e sanità, e non di fronte repubblicano".

Il governatore della Toscana, Enrico Rossi, che mesi fa aveva aderito a LeU, su Facebook parla di “disfatta“nella regioni una volta 'rossè, in modo particolare”. “Laddove il PD era più forte più la sinistra perde e LeU non svolge nessun ruolo di recupero. È necessario un nuovo inizio, basato sull'unità, sulla ricomposizione e sulla responsabilità. La sinistra si è sciolta e va ricomposta”, scrive. “Credo – conclude - che bisogna andare oltre, oltre il PD e oltre LeU, per costruire un partito nuovo della sinistra e del lavoro che si ispiri agli ideali del socialismo e ai principi della dottrina sociale cristiana". Nicola Zingaretti, governatore del Lazio che ambisce alla leadership del Pd, invece, nel suo blog sull'HuffPost, dice chiaramente che "un ciclo storico si è chiuso" e "non bastano semplici aggiustamenti. Tantomeno bastano povere analisi di circostanza". E aggiunge:"Vanno ridefiniti un pensiero strategico, la nostra collocazione politica, le forme del partito e il suo rapporto con gli umori più profondi della società italiana, l'organizzazione della partecipazione e della rappresentanza nella democrazia".

Da parte dei renziani vi sono reazioni differenti.

Se per il capogruppo Pd al Senato, Andrea Marcucci il voto di ieri, “ha sgombrato il campo dal ruolo e dalle responsabilità di Matteo Renzi dato che si è perso anche senza di lui, per Roberto Giachetti si deve eleggere una nuova classe dirigente. “Pensare di sterilizzare la condizione del Partito Democratico fino alle europee non aiuta", ha detto ad Agorà Estate.

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