La saggezza antica dei proverbi latini dice «In medio stat virtus» mentre gli analisti finanziari del mondo della moda dicono che in questo momento di crisi economica mondiale a soffrire di più sono i marchi destinati alla middle class. Eppure in molti stanno tentando di lanciare il cosiddetto «affordable luxury» (lusso conveniente) ovvero un prodotto dai prezzi abbordabili, ma con immagine e qualità alta. Alessandro Varisco, amministratore delegato di Twinset, brand controllato dal fondo di private equity Carlyle parla invece di «alternative to luxury» (alternativa al lusso) e in questa intervista spiega perché il futuro della moda passa da qui più che dalle costosissime creazioni inaccessibili per la stragrande maggioranza dei consumatori.
Come mai sostiene l'esatto contrario di tutti gli esperti del settore?
«Mi limito a dire quel che vedo. L'alternativa al lusso è un fenomeno retto da quella crisi pazzesca che è sotto gli occhi di tutti anche se è stata mascherata dall'aumento dei prezzi. Tutti hanno detto i nostri fatturati vanno bene e nessuno ha risposto no, i vostri fatturati vanno bene anche perché sono aumentati notevolmente i prezzi al pubblico. Adesso i nodi vengono al pettine.
A voi come va?
«A noi tutto sommato bene infatti sfiliamo per la seconda volta nella storia di Twinset».
Ma le sfilate non fanno lievitare i prezzi?
«Certo non costano poco, ma a noi è stato chiesto di internazionalizzare il brand per cui abbiamo intrapreso un percorso in cui prima c'è stato il cambio della stilista, poi altri sostanziali cambiamenti tra cui il modo di presentare le collezioni. Direi che adesso ci stiamo assestando. In mezzo a tutto, questa decisione arriva anche perché dopo il Covid ci sono state notevoli spinte inflazionistiche dovute all'incremento delle materie prime e a tutto quello che sappiamo da un punto di vista geopolitico. Per cui un certo lusso è cresciuto moltissimo a livello di prezzi senza fare ulteriori cambiamenti. Chi ha saputo evolversi sta raccogliendo grandi frutti».
Voi dove vi state posizionando?
«Noi in azienda parliamo di alternative to luxury perché se una cosa è affordable non può essere luxury e viceversa. L'alternativa è cercare di dare servizi sempre più equiparabili ai brand di lusso però lasciando la possibilità di acquisto anche da parte di chi vive di stipendi. Noi facciamo una bella sfilata con capi di buona qualità, ma che mantengono prezzi accessibili».
Tipo?
«Il pezzo più costoso della collezione invernale è un blouson in pelle che vendiamo a 980 euro. Il resto va di conseguenza anche perché abbiamo visto l'opportunità di dare grande spazio a quello che secondo me sappiamo fare meglio: la maglieria. È il nostro core business e logicamente fa la parte del leone in inverno. L'abbiamo messa anche nell'estivo alleggerendo ovviamente i pesi».
Ma visto che i ricchi sono sempre più ricchi, perché il lusso tradizionale da qualche segno di sofferenza?
«Perché dopo il Covid tutti i consumatori hanno cambiato le loro priorità di spesa. Infatti le compagnie aeree hanno aumentato il costo dei biglietti del 50-60% e vanno benissimo come i ristoranti costano molto più cari ma sono sempre pieni. Insomma la gente ha prima di tutto voglia di vivere perché siamo stati prigionieri per mesi. Era una prigione domestica, ma una prigione è stata. In quest'ottica vestirsi può diventare secondario. Cioè ci si vuole vestire senza spendere cifre folli».
Suggerimenti per cambiare le carte in tavola?
«Gli americani hanno una bella definizione, you get what you see, tu hai quello che vedi.
Secondo me è il nuovo trend da seguire: non vado a farti pagare cifre folli solo perché ho un marchio ridondante ma ti faccio pagare il giusto. Insomma ci deve essere una relazione con il consumatore finale basata sulla verità e sulla sincerità».
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