Milano - «Con un chilo di lana super fine facciamo un filo lungo 120 chilometri: la distanza tra Milano e Trivero» dice Edoardo Zegna, bisnipote dell'uomo che nel 1910 ha fondato un lanificio sulle Alpi Biellesi da cui è nato il gruppo industriale leader nel mondo dell'abbigliamento maschile di lusso. 38 anni, laureato alla Georgetown University di Washington dove hanno studiato personaggi come Bill Clinton, Felipe VI di Spagna e Abdullah II di Giordania, Edoardo è Chief Marketing, Digital and Sustainability Officer del brand Zegna. In questa veste si è chiesto come poteva un membro della quarta generazione di questa dinastia imprenditoriale raccontare una leggenda che non è mai stata raccontata, ovvero il complesso sistema di valori che stanno dietro ai prodotti del marchio siano essi tessuti, capi confezionati, accessori o profumi.
La risposta è stata un libro intitolato Born in Oasi Zegna (Edizioni Rizzoli New York) che spiega in modo semplice, analogico e perfino sensoriale per via dell'uso di carte diverse (a base di cotone, velluto, opache o patinate) la storia di un luogo dell'anima creato più di un secolo fa dal fondatore.
In occasione del Salone del Mobile che Edoardo considera come l'inizio della primavera in città, l'Oasi è arrivata a Milano nello show room dell'azienda in Zona Tortona e da domani s'installerà per tre anni in Piazza Duomo al posto delle palme di Starbucks.
Che legame c'è tra l'Oasi e la moda di Zegna?
«Ci sono legami d'ogni tipo. In questi anni abbiamo usato piante e bacche locali per tingere alcuni capi. Tra i nostri tessuti completamente tracciabili abbiamo il cashmere e il lino Oasi. Stavolta però non parliamo tanto di prodotti quanto del mondo di valori che ci ha consegnato la lucida follia del mio bisnonno. Negli anni Trenta del secolo scorso Ermenegildo Zegna ha comprato 100 chilometri quadrati di territorio brullo in montagna, ci ha piantato mezzo milione di piante e ha trasformato un'area grande 30 volte Central Park in un santuario della natura di cui tutti possono godere».
È vero che nell'Oasi avete salvato un animale dall'estinzione?
«Sì è il Carabus Olympiae, uno splendido coleottero con il carapace color oro. È talmente bello che i collezionisti lo cacciavano senza pietà. Adesso nell'Oasi abbiamo anche le nursery con il climatizzatore in cui sono nate le prime larve».
Perché parla di lucida follia del bisnonno?
«Perché devi essere un pazzo meraviglioso per fare una cosa del genere. Ha creato una community con un secolo di anticipo sul resto del mondo. Grazie a lui gli abitanti di Trivero hanno un ospedale, l'asilo, la piscina meta olimpionica per rinfrescarsi d'estate e perfino la stazione sciistica di Bielmonte per praticare gli sport invernali. Soprattutto ha fatto costruire la statale 232, una strada di 26 chilometri che collega i due versanti della montagna costeggiando l'Oasi. È il nostro simbolo, la nostra strada verso il futuro».
I milanesi vi saranno grati a vita per le aiuole che tolgono le palme da piazza Duomo...
«Il progetto è molto più serio: per tre anni ci occuperemo di questi spazi verdi rispettando la stagionalità, le reazioni delle piante al clima e all'atmosfera di Milano. Insomma l'etica ambientale è alla base dell'iniziativa, anche se non sottovalutiamo l'impatto estetico tanto che per l'architettura delle aiuole ci siamo ispirati a un disegno di Dino Buzzati».
Un altro regalo per Milano...
«In realtà in due edicole della città regaliamo 10 mila tote bag con i disegni del libro. E domani vicino alle aiuole daremo fino ad esaurimento una talea dei rododendri dell'Oasi».
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