Continuano senza sosta le trattative per porre fine alla guerra a Gaza. Israele avrebbe accettato di rilasciare, nella prima fase, 250 prigionieri palestinesi. Un funzionario dello Stato ebraico citato da Haaretz ha negato però che l'importante figura di Fatah, Marwan Barghouti, leader dell'ala militare Tanzim, sarebbe scarcerato ed esiliato in Turchia come parte dell'intesa. In ogni caso i prigionieri liberati sarebbero ricollocati fuori da Gaza e dalla Cisgiordania, soprattutto in Turchia e Qatar. Su questo punto però Hamas non sarebbe d'accordo.
Fonti anonime hanno riferito al quotidiano egiziano Al-Ghad, citato dal Times of Israel, che lo Stato ebraico ha richiesto però il rilascio di 11 uomini aggiuntivi su una lista di 34 che comprende bambini, donne, anziani e malati, nella prima fase di un eventuale accordo, ma Hamas chiede un ulteriore risarcimento in cambio.
Il giornale egiziano ha precisato che si sta discutendo anche la riapertura del valico di frontiera di Rafah, il potenziale ritiro delle truppe israeliane dal corridoio di Netzarim e il ritorno dei civili nel Nord della Striscia senza condizioni, consentendo solo l'ispezione dei veicoli. Inoltre, si stanno tenendo colloqui su un graduale indietreggiamento israeliano dal corridoio di Filadelfia: Benjamin Netanyahu ha giurato più volte che sarebbe rimasto sotto il controllo dello Stato ebraico.
Un alto funzionario palestinese ha pure confermato alla Bbc che i colloqui hanno raggiunto un accordo al 90 per cento, anche se proprio il controllo del corridoio di Filadelfia rimarrebbe il punto critico.
Sui negoziati in corso si alzano però gli strali dell'ex ministro del gabinetto di guerra Benny Gantz che ha accusato Netanyahu di ostacolare l'intesa per non mettere a repentaglio la stabilità della sua coalizione di destra. «Netanyahu, non essere un codardo seriale. Avevi paura di rompere la coalizione e la sola insistenza di Gantz ha già riportato indietro oltre 100 ostaggi», ha sottolineato l'ufficio dell'ex generale. Nel corso di colloqui ad alto livello tra i vertici politici e di sicurezza di Israele, il capo del Mossad David Barnea avrebbe anche chiesto un attacco diretto all'Iran in seguito ai recenti attacchi delle milizie Houthi. «Dobbiamo colpire la testa, colpire solo gli Houthi non sarà sufficiente», avrebbe dichiarato Barnea durante gli incontri.
Nel frattempo i morti seguitano ad aumentare. I raid israeliani effettuati nella notte e nella mattinata di ieri sulla Striscia hanno ucciso almeno 28 palestinesi e colpito la casa di una famiglia e un edificio scolastico, che secondo l'esercito di Tel Aviv era utilizzato da militanti di Hamas.
Un messaggio di speranza arriva invece dal cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme che è entrato a Gaza in occasione delle celebrazioni natalizie e ha presieduto la Santa Messa nella chiesa della Sacra Famiglia. «Non vi abbandoneremo mai», così si è rivolto ai fedeli di Gaza. La voce del cardinale, nell'omelia della messa, è stata costantemente sovrastata dal rumore in sottofondo dei droni. «Non abbiate paura», ha ripetuto più volte Pizzaballa, e «preservate il vostro cuore», «voi in qualche modo siete diventati la luce della nostra Chiesa e il Natale è proprio la festa della luce», «non vi arrendete a questa situazione». «Con dolore penso a Gaza, a tanta crudeltà, ai bambini mitragliati, ai bombardamenti di scuole e ospedali», ha ribadito pure il Papa all'Angelus.
Ma i venti di guerra non si placano neanche sull'altro fronte, quello con il Libano. Il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha confermato: «Abbiamo estratto le zanne del serpente e se Hezbollah non si ritira oltre il Litani e cerca di violare il cessate il fuoco, gli schiacceremo la testa».
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