Se c'erano dei dubbi sulla necessità di mettere mano alla legge sulla responsabilità civile dei magistrati, come chiedeva il referendum respinto venti giorni fa dalla Corte Costituzionale, a fugarli dovrebbe bastare la singolare, amara sorte toccata a Gioacchino Genchi, ex funzionario di polizia, ed ex consulente informatico di numerose procure. Il povero Genchi viene condannato dalla Corte d'appello di Roma a risarcire tre ex indagati di cui aveva intercettato, esplorato, meticolosamente analizzato le conversazioni, benché fossero parlamentari della Repubblica, e come tali protetti dalla Costituzione. Dopo una serie di andirivieni processuali i tre politici intercettati abusivamente si sono visti dare ragione. Si tratta di Clemente Mastella, già ministro della Giustizia, dell'europarlamentare Sandro Gozi e dell'ex sindaco di Roma Francesco Rutelli, che erano finiti anche loro nel tritacarne dell'indagine «Why Not» della Procura di Potenza, condotta dal pm Luigi de Magistris, appoggiata in ampia parte sulle consulenze informatiche di Genchi e alla fine afflosciatasi in una assoluzione generale. Il reato commesso da Genchi è ormai prescritto, ma restano le conseguenze più pesanti e concrete: i risarcimenti che l'ex poliziotto dovrà pagare di tasca sua.
Ma il suo mandante, il pm che gli aveva commissionato le consulenze, e che non poteva non conoscerne i metodi, non risponderà di nulla: la richiesta di danni a de Magistris, spiegano i legali degli intercettati, è stata dichiarata inammissibile in base «a una applicazione assai restrittiva della normativa sulla responsabilità civile dei magistrati». Esito surreale: paga il braccio, la mente se la cava. Ma il referendum non si farà.
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