Ormai lo hanno chiamato Papi, diminutivo di Papillon il famoso evaso dall'isola del Diavolo, Henri Charrière. Si tratta dell'orso denominato M49, esemplare di orso bruno del peso di circa 167 chilogrammi, che, da anni, fa discutere amministratori, cittadini, politici e animalisti di tutt'Italia perché c'è chi lo vuole libero, c'è chi lo vuole in ceppi e c'è chi lo vuole morto.
È stato certamente uno degli orsi più ricercati d'Italia per certe sue attenzioni a pollai, allevamenti e qualche scorreria di troppo nel campo umano dove non è permesso neanche scherzare. È la solita commedia all'italiana. Chi gestisce la fauna in Italia convince i politici a reintrodurre orsi, cervi, lupi, minilepri e quant'altro la fantasia gli fa venire in mente, poi si dimenticano che questi animali, sovente senza predatori, possono causare qualche problema all'agricoltura, ai pollai e raramente imbattersi in qualche turista troppo curioso con gli spaventi (o qualche graffio) del caso. E allora viene giù il mondo. L'animale diventa un pericoloso fuggitivo da rincorrere talvolta con i fucili a proiettili narcotizzanti, talvolta con i fucili a proiettili ben più pesanti, come capitò a Daniza, il primo orso «fucilato», si è detto, per errore.
Morale della favola, Papillon (il soprannome glielo diede il ministro dell'Ambiente Costa) divenne presto l'ennesimo orso in fuga, ma fu catturato il 15 luglio 2019 a Porte Rendena e portato nel recinto del Casteller da dove però è riuscito a scavalcare le recinzioni elettrificate e il muro di 4 metri. Prima fuga, con standing ovation di animalisti e fan di Papi (e grandi sfottò): «Incredibile? - affermarono gli animalisti -. No, solo una dimostrazione della pessima gestione delle operazioni. Evidentemente la struttura non era funzionante a dovere, dato che gli orsi non volano».
Discorso che non fa una piega. Gli orsi, secondo Linneo, non hanno le ali. Dopo nove mesi, la libertà di Papi finisce. L'animale viene catturato dalla forestale di Trento sulle montagne sopra Tione nel gruppo delle Giudicarie, Trentino occidentale.
La sua «cella» è ancora una volta il centro faunistico del Casteller a Trento Sud, il luogo da dove era già riuscito a scappare.
Ieri la notizia clamorosa. Mentre, in questi mesi, si discuteva di orsi, lupi e cervi, Papi rifletteva, fino a quando ieri ha attuato il piano di fuga. Ha superato la barriera elettrica e, raggiunta l'ultima recinzione, ha divelto la rete piegando l'inferriata dello spessore di oltre un centimetro fino a ricavarne un varco sufficiente per scivolare all'esterno.
Mentre il governatore Fugatti promette una ricattura immediata (questa volta Papi ha il radiocollare), il ministro dell'Ambiente Costa gli chiede di lasciare l'orso libero. Sarebbe un atto di clemenza esemplare e una favola col finale troppo lieto.Temo che Papi tornerà «al fresco» a meditare sul suo nuovo piano di fuga. Comunque, forza Papi!
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