Parigi si blinda, Macron aspetta il voto in aula

Proteste vietate a Concorde e Champs Élysées. Possibile un discorso del presidente

Parigi si blinda, Macron aspetta il voto in aula

Parigi. La capitale francese si è tardivamente blindata. Ma alla fine l'ordine è arrivato: «A causa del rischio di turbare l'ordine pubblico e la sicurezza», ogni nuovo assembramento a Place de la Concorde, nei suoi dintorni o nel settore degli Champs-Élysées a Parigi è vietato». Così la prefettura ieri pomeriggio ha cercato di scongiurare nuove manifestazioni spontanee dopo quelle degli ultimi giorni, che hanno trasformato la piazza simbolo di festeggiamenti (vedi l'appuntamento post-Mondiale, con i Bleus acclamati a Place de la Concorde nonostante il secondo posto) nell'indirizzo in cui darsi appuntamento per esprimere la rabbia contro Emmanuel Macron. Nel mirino dei nuovi rivoluzionari, come alcuni «nuovi» gilet gialli si sono auto-proclamati, c'è la scelta dell'Eliseo di ricorrere alla blindatura della riforma delle pensioni senza sottoporla al voto dell'Assemblée. La paralisi del Paese finora scongiurata da Macron - nonostante le raffinerie in ostaggio dei lavoratori e le 12mila tonnellate di rifiuti sulle strade di Parigi - si aggira ormai come uno spettro anche sulle istituzioni. Domani riprende la battaglia parlamentare. Saranno votate le due mozioni di sfiducia al governo: se ne passa anche solo una (e saranno i neogollisti a decidere la sorte della premier Borne, come ago della bilancia), la riforma che porta l'età per la pensione a 64 anni sarà ritirata. Si riprenderà a discutere. Ma non è detto che la rabbia della Francia sia disposta a autosospendersi.

Se finora i cannoni ad acqua sono stati lo strumento di dissuasione più usato dalla polizia, ieri sera controlli più stringenti. E più duri. Specie dopo che nel pomeriggio un gruppo di manifestanti si è dato appuntamento via social nel centro commerciale a Les Halles, cuore di Parigi: sono entrati in mille, l'hanno occupato e la polizia ha faticato a sgomberarli. La nuova protesta, che sembra ormai completamente sfuggita di mano ai sindacati, non ha più un epicentro. Parigi, le sue strade, sono preda della rivolta. Ieri terza notte consecutiva di tensioni. Le minacciate multe a chi infrangeva il divieto sono servite a niente. Venerdì, arrestate 61 persone a Concorde, contro le 217 del giorno prima. Ieri altri fermi nella Parigi ormai ribattezzata Ville «Poubelle» (città pattumiera), perché senza netturbini da 14 giorni, col governo costretto a precettare. E a complicare le gestione dell'ordine pubblico c'è stato l'invito dei sindacati ai manifestanti, in Place d'Italie. Hanno chiesto di evitare violenze e danneggiamenti: senza riuscirci, com'era prevedibile. Cassonetti bruciati. Casseur, black bloc, antifa in azione. In 5mila, tra atti vandalici e incendi, nel cuore sud della capitale. A inizio serata c'era stata infatti la chiusura di diverse stazioni della metro vicino agli Champs per «misure di sicurezza». E il caos si è solo un po' allontanato dai Palazzi.

C'è però una frattura enorme tra chi manifesta e distrugge e chi vive la sua quotidianità a Parigi nonostante le proteste anti-Macron. Due mondi distinti, paralleli, che non si incontrano: è il coté di italianità di certi parigini. Quelli del vivi e lascia vivere. Certo, criticare la scelta del governo: rispondendo ai sondaggi «sono contrario alla riforma». Ma poi magari si preferisce andare con la famiglia allo Stade de France a seguire il rugby. Non si può dire che tutti stiano improvvisamente incendiando la città. Si parla di un possibile discorso di Macron alla nazione nei prossimi giorni. Non è infatti andata meglio nel resto della Francia. Ieri riempite le piazze anche delle piccole città. Lontanissimo dalla capitale, a Lodève, piccolo comune nei pressi di Montpellier (7.300 anime, di cui un quarto al di sotto della soglia di povertà), in 200 si sono radunati picchiando sulle pentole, su invito del sindacato Cgt, la sigla più radicale delle 8 in campo contro Macron. «Siamo stufi, abbiamo l'impressione di essere calpestati, di non essere ascoltati».

Cortei a Caen, Saint-Etienne, Nantes (15mila persone), Brest, Besançon, Marsiglia, Digione, Grenoble, Tolosa. A Nantes sono serviti i gas lacrimogeni per disperdere la folla. Ma c'è pure un'altra Francia: che lavora, vive, va nei locali e in palestra come se niente fosse.

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