Roma - Sentite le dichiarazioni del procuratore di Arezzo, Roberto Rossi, e lette le tre relazioni degli ispettori di Bankitalia su Banca Etruria, al Csm si dà per scontato che presto ci sarà l'iscrizione nel registro degli indagati di Pierluigi Boschi. Semmai, la domanda è: se si fosse trattato di un qualsiasi cittadino e non del padre del ministro delle Riforme Maria Elena, sarebbe arrivata già qualche mese fa?La posizione del vicepresidente dell'istituto di credito toscano è centrale per stabilire l'eventuale incompatibilità del titolare delle inchieste aretine con l'incarico di consulenza giuridica alla presidenza del Consiglio, terminato a fine dicembre. Se infatti Boschi ha davvero una posizione rilevante nelle indagini di Arezzo, sarebbe più concreta la mancanza di Rossi che, al momento dell'ultima proroga del suo incarico, non ha segnalato il potenziale conflitto d'interessi.
Dopo l'audizione del procuratore il 28 dicembre c'era una gran fretta di archiviare, con i consiglieri di Unicost schierati in difesa di Rossi che è della corrente, quelli di Mi d'accordo e il presidente centrista della prima commissione, Renato Balduzzi, già pronto a dichiarare che non vedeva alcuna incompatibilità. Poi il relatore di Area Piergiorgio Morosini ha chiesto di acquisire le relazioni di Bankitalia e ci si è aggiornati all'11 gennaio. Quando, invece di concludere come annunciato, c'è stato uno strano rinvio a data da destinarsi. Per avere il tempo, è la spiegazione, di leggere tutte le carte, compresi i prospetti tecnici. Oggi la commissione di riunisce, ma sembra che del caso Rossi non si parlerà. «Io ero pronto a discutere e votare lunedì - dice il laico di Fi Pierantonio Zanettin -, abbiamo avuto 10 giorni per studiare le relazioni, che ci sono arrivate i primi dell'anno».
L'impressione è che non si tratti di un «rinvio tecnico», ma che la decisione debba ancora essere presa e che i dubbi si facciano strada. L'unanimità per l'archiviazione è esclusa (Zanettin ha già detto che voterà contro e altri potrebbero unirsi) e in plenum il voto potrebbe ribaltare la situazione favorevole a Rossi.Il punto centrale appare la presenza di Boschi nella «Commissione consiliare informale» formata da presidente, due vicepresidenti e pochi consiglieri che, per gli ispettori di Bankitalia, prendeva le decisioni più importanti senza informare il Cda e senza una verbalizzazione.Su questo punto Rossi, nell'audizione, è caduto in contraddizione. Alle domande esplicite di Zanettin e Morosini ha risposto che Boschi non c'era, ma che l'organismo-ombra era nella precedente gestione non guidata da Lorenzo Rosi, ma da Giuseppe Fornasari, indagato ad Arezzo prima del suo successore. Nell'ultima relazione di Palazzo Koch, invece, si parla chiaramente di questa specie di direttorio in relazione del consiglio d'amministrazione insediatosi a maggio 2014, proprio quando Rosi divenne presidente e Boschi il suo vice.
Perché Rossi l'ha negato? Se c'era un problema di segreto istruttorio poteva semplicemente non rispondere, come ha fatto in altri casi, e comunque le parti centrali delle relazioni di Bankitalia sono state ampiamente pubblicate dai giornali e sono di dominio pubblico da tempo.
Il procuratore, invece, ha fatto un'utile confusione riferendosi evidentemente a una diversa commissione pre-consiliare che esisteva, sempre per gli ispettori, nella gestione Fornasari. E questo potrebbe causargli problemi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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