Il Pd ora critica Grasso ma nel 2010 difese "l'imparziale" Fini

I dem ora non sopportano che il presidente del Senato presenti la sua lista in tv. Ma nel 2010 e nel 2011 difendevano a spada tratta Gianfranco Fini

Il Pd ora critica Grasso ma nel 2010 difese "l'imparziale" Fini

L'irritazione del Pd nei confronti di Piero Grasso è palpabile. E, in qualche modo, inevitabile. Il presidente del Senato ha da poco annunciato l'uscita dal Partito Democratico e la disponibilità a mettere il proprio nome sulla lista Liberi e uguali, che raccoglie gran parte dei fuoriusciti "a sinistra" del Nazareno.

E i democratici, in emorragia di parlamentari e di consensi, che fanno? S'arrabbiano, protestando che quello del presidente di Palazzo Madama è un ruolo istituzionale e non politico e che pertanto se Grasso desidera fare campagna elettorale dovrebbe smettere i panni di seconda carica dello Stato. A fine ottobre il senatore renziano Salvatore Margiotta ne chiese addirittura le dimissioni, interpretando il sentimento di più d'un parlamentare piddì.

Allora il Nazareno smentì che questa fosse la posizione ufficiale del partito ma adesso che l'ex magistrato si è lanciato in prima persona in una nuova avventura politica alternativa e concorrente ai dem sono in molti a sognare di vederlo abbandonare lo scranno più alto del Senato. Intervistata questa mattina su Radio 24 da Luca Telese e Oscar Giannino, il governatore del Friuli Venezia-Giulia ed ex vicesegretario del partito Debora Serracchiani ha criticato le scelte di Grasso, lasciando intendere che si sarebbe aspettata un comportamento diverso.

Molto più dura la posizione del segretario Matteo Renzi, che in un'intervista a Repubblica ha recentemente accostato la posizione dell'attuale presidente del Senato a quella di Gianfranco Fini, che nel 2010 abbandonò il Pdl di Silvio Berlusconi e fondò Futuro e Libertà per l'Italia da presidente della Camera. Ma allora, di fronte alle richieste di dimissioni che piovevano da tutto il centrodestra, la sinistra difendeva a spada tratta la presunta imparzialità dell'allora terza carica dello Stato.

Nel dicembre 2010, di fronte alla richiesta di sfiducia avanzata dalla Lega Nord, i dem fecero quadrato con l'Udc pur di difendere la poltrona di Fini. Solo nella primavera 2011, in occasione dell'approvazione del ddl sul processo breve, quando Fini non avallò il colpo di mano sognato dalla sinistra, anche i progressisti ne denunciarono la parzialità. Ma già nell'ottobre di quell'anno, di fronte a una nuova richiesta di dimissioni presentata a Montecitorio dal Carroccio, il colonnello dem Dario Franceschini difese Fini.

In quell'occasione il leghista Reguzzoni criticò proprio la partecipazione del leader di Fli a Ballarò. E l'attuale ministro della Cultura si levò a difendere il fondatore di An: "Il presidente non è suscettibile di sfiducia né politica né formale".

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