Il difficile accordo trovato tra Calenda e Letta fa saltare gli equilibri a sinistra. Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli non ci stanno. Dopo il sì tra il leader di Azione e il segretario del Pd, suggellato da un testo per punti sulle linee programmatiche, reagiscono i leader di Sinistra italiana e di Europa Verde: «Il patto siglato tra Pd e Azione non ci riguarda, non ne condividiamo i termini. Chiediamo un incontro al Pd per verificare se ci sono ancora le condizioni per un'intesa elettorale». Subito Letta: «Incontriamoci domani (oggi, ndr). Sono sicuro che sui temi a noi cari troveremo un'intesa necessaria e giusta per una proposta molto forte». Il segretario del Pd, che tenta la strada del tutti dentro, questa volta dovrà trovare un punto di caduta complicato, perché il testo firmato con Calenda ha messo nero su bianco tutte le distanze politiche già note tra Azione e i due leader della sinistra. Un terremoto che ora rischia di far saltare il banco della lista aperta e unitaria di Letta.
Per Calenda l'accordo col Pd è «nettissimo sull'agenda Draghi». Contiene il posizionamento sull'Ucraina, la revisione del reddito di cittadinanza, i rigassificatori. Tutti temi su cui la convergenza è difficile, e che erano motivo della perplessità di Calenda sulla possibilità di un'alleanza reale e non solo elettorale. E che sono le stesse di Fratoianni e Bonelli: «Finora abbiamo sempre avuto un atteggiamento generoso, quasi francescano, ma non va confuso con debolezza - dice Fratoianni - L'alleanza era partita con un veto, noi non abbiamo paura a correre sul proporzionale. La nostra proposta politica non è negoziabile, per questo consideriamo questo accordo legittimo, perché bilaterale, ma in nessun modo per noi vincolante sul piano della proposta politica. Aspettiamo una risposta dal Pd e poi verificheremo se ci sono ancora le condizioni, in modo chiaro e senza trattative sui posti, sui veti e persino sugli spazi tv, di questo non ci occupiamo». Non solo. Fratoianni e Bonelli chiedevano a Letta di riaprire al M5s di Giuseppe Conte. A questo punto, se il tavolo con i dem saltasse, il Movimento tornerebbe un'opzione a sinistra: «Vedremo», dicono. Di certo la sintonia c'è più con Conte e non con Calenda. Differenze sembrano a oggi inconciliabili sulle armi all'Ucraina, su rigassificatori e termovalorizzarori. Per Emma Bonino «se ci si richiama all'agenda Draghi, per fare esempi concreti, non si può osteggiare l'installazione di due rigassificatori galleggianti, perché è un tema di sicurezza energetica nazionale. Così sul termovalorizzatore a Roma: la Capitale è in condizioni inaccettabili per quanto riguarda i rifiuti». Fratoianni, oltre ad aver partecipato personalmente alla protesta di Piombino, ha più volte chiesto al ministro Cingolani e al commissario Giani di sospendere l'iter del rigassificatore. E basti pensare che per Fratoianni e Bonelli le politiche di Calenda sul clima «sono come quelle di Trump», hanno detto. Insomma premesse insostenibili. Sul termovalorizzatore di Roma voluto dal Pd, Sinistra Italiana e Europa Verde la pensano come il M5s. Ci sono poi le tasse. Il leader di Azione è saltato sulla sedia quando due giorni fa Letta ha rilanciato la proposta di una patrimoniale come dote ai diciottenni. Sulle grandi opere già Emma Bonino aveva cristallizzato le distanze: «Viene difficile pensare all'agenda Draghi con Fratoianni che ha votato 55 volte no la fiducia a Draghi.
Non posso pensare ai no tav, ai no-rigassificatori ai no-termovalorizzatori». Sul reddito di cittadinanza Calenda chiede e ottiene da Letta la necessità di una modifica. Fratoianni è lontanissimo da ipotesi che prevedano il ridimensionamento di una misura che ha aiutato milioni di poveri.
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