Il Pd pugnala Sala: no al Salva-Milano

Una parte dei dem pensa di affossare la legge per saldare l'asse con i rossoverdi

Il Pd pugnala Sala: no al Salva-Milano
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Salvare Milano (e il soldato Sala): sì, no o ni?

Alla Camera il Pd ha votato compatto il testo bipartisan, ribattezzato Salva Milano e caldeggiato dal primo cittadino ma anche da tutto il tessuto economico cittadino e non solo, che sbloccherebbe le centinaia di cantieri paralizzati, per un cavillo interpretativo delle norme urbanistiche, da un'ondata giudiziaria scatenata dalla Procura milanese.

Ora però il partito di Elly Schlein sembra aver cambiato idea, per paura delle intemerate degli alleati grillini e rossoverdi, ferocemente contrari (anche se il partito di Angelo Bonelli, che contro la legge si è esibito in aula in una cacofonica interpretazione di «Via Gluck», a Milano è in buona parte favorevole al provvedimento). Ma soprattutto perché, dietro il caso cantieri, si è aperta la guerra alla successione di Beppe Sala. E infatti è Pierfrancesco Majorino, uno degli aspiranti successori, che due giorni fa ha messo a rumore il partito aprendo a «miglioramenti e modifiche» del testo: «Se si approva a gennaio o a marzo non è una grande differenza», è la sua tesi. Che ha lasciato di stucco mezzo Pd, perché Majorino non solo è stato assessore alla Casa di Sala, ma è anche responsabile del settore per il partito. E quindi «sa benissimo - spiega un senatore - che modificare il testo vuol dire farlo tornare alla Camera, e quindi rischiare di affossarlo, mentre la soluzione al problema è urgente. Ma evidentemente pensa di usare il tema per la sua campagna elettorale, cercando il sostegno di M5s e Avs». Peccato che la segretaria regionale Silvia Roggiani sia invece supporter della rapida approvazione del testo, cui lo stesso Majorino aveva inizialmente dato via libera. E il sindaco Beppe Sala è su tutte le furie per il voltafaccia dem, e ha messo sul tavolo un'esplosiva minaccia di dimissioni.

Ora tutti si chiedono se Majorino, membro della segreteria, parli a nome di Elly Schlein o no. La segretaria, come al solito, tace: «Ma una posizione dovrà prenderla, e in fretta. Così nel 2026 perdiamo Milano, e sarebbe una iattura anche per lei», dicono a Montecitorio.

Il capogruppo a Palazzo Madama Francesco Boccia, per salvare capra e cavoli, ha proposto il solito escamotage: «Potremmo astenerci». E ha comprensibilmente mandato su tutte le furie la sua omologa della Camera, Chiara Braga, che - da urbanista - conosce bene la materia e ha personalmente seguito passo passo il provvedimento, riuscendo a concordare con l'ex capogruppo di Fdi (oggi ministro) Tommaso Foti un testo ampiamente emendato in modo bipartisan. Un'astensione non solo smentirebbe il lavoro fatto dal Pd a Montecitorio, ma metterebbe a rischio l'intero testo.

«Ci stiamo giocando Milano: Salvini e La Russa non aspettano altro, per dare una mazzata a Sala, bloccare la città e presentare il proprio candidato sindaco come salvatore della patria», denuncia preoccupato un parlamentare dem lombardo. Il nome ci sarebbe già: Regina De Albertis, oggi - guarda caso - alla guida degli imprenditori edili milanesi.

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