Il Partito Democratico rischia la scissione sul voto on line. I dem si chiudono in conclave al Nazareno per decidere data e regole delle primarie. La direzione nazionale, chiamata a stabilire il regolamento, slitta di sette ore (dalle 11 alle 19). La proposta di Elly Schlein, candidata alla segreteria nazionale, di attivare il voto on line, scatena la rissa tra le correnti. Gli sherpa dei candidati cercano una mediazione. Il fronte più agguerrito è quello di Stefano Bonaccini che boccia la consultazione sul web. Il modello grillino manda in fibrillazione anche Paola De Micheli, altra candidata in campo per la guida del Pd. A metà pomeriggio il punto di caduta sarebbe il via libera al voto on line per le aree montane e le aree interne, dove è più difficile attrezzare i gazebo, o per quelle persone impossibilitate a raggiungere le sezioni. La mediazione salta. La rottura si avvicina. Ma riprendono le trattative. In serata arriva la fumata bianca tra gli applausi dei big. Il voto nei gazebo resterebbe la norma, ma sarebbero previste delle deroghe per consentire di votare online a chi è impossibilitato a muoversi, per ragioni di salute o perché lontano da casa il giorno delle primarie. Inoltre ci sarebbe la possibilità del voto via internet anche per chi è residente in zone remote, lontano dai principali centri dove saranno allestiti i gazebo. Servirà lo Spid. I criteri saranno definiti con precisione dalla commissione congresso. Altro tema che andrà approfondito in commissione è quello dei residenti all'estero, che non potranno usare lo Spid. Si dovrà indicare un meccanismo in grado comunque di garantire la certezza dell'identità e la riservatezza del voto. Il segretario uscente Enrico Letta getta acqua sul fuoco: «Il tema del rafforzamento della democrazia ci riguarda, è il nostro impegno fare del Pd un partito che sia democratico per davvero. Un partito oggi impegnato in un percorso congressuale difficile, sapendo però che questo percorso è grande responsabilità per tutti» commenta il segretario.
Il presidente dell'Emilia Romagna Stefano Bonaccini ammette il fallimento: «Se ci spacchiamo sulle regole rischiamo di essere individuati come marziani. Io vorrei che cominciassimo a discutere, per riportare la gente a votare Pd e a partecipare, di sanità, scuola, lavoro, ambiente: sono abbastanza sorpreso che si sia dovuto rinviare la direzione per trovare un accordo, quindi mi auguro che volontà e buon senso portino a evitare una conta e una spaccatura. Noi dobbiamo parlare dei problemi dei cittadini e non delle regole del Pd che peraltro avevamo già cambiato e sulle quali mi auguro si trovi un accordo».
Paola De Micheli, che non voterà l'accordo sulle regole, si schiera con il governatore emiliano: «Introdurre il voto online a 40 giorni del voto significa cambiare la natura del Pd e, se si vuole fare una discussione, andrebbe fatta dopo il congresso, con tutti gli iscritti e gli organismi. Queste decisioni che trasformano il Pd in altra cosa devono essere prese con loro, discutendo con gli iscritti».
Gianni Cuperlo non si sbilancia: «Se sono d'accordo col voto online? Io faccio quello che decide il mio partito».
Enrico Borghi, senatore e responsabile sicurezza, evoca la scissione: «Oggi è l'anniversario della scissione di Palazzo Barberini, cioè la divisione dell'allora partito socialista tra Nenni e Saragat». Sarebbe un primato: la prima scissione consumata sulle regole. Strappo scongiurato grazie allo Spid. Il Pd è salvo.
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