Pd a rischio vendette Bassolino e Marino gli incubi del premier

Ora Renzi comincia a temere le imboscate dei ribelli a Roma e Napoli

Pd a rischio vendette Bassolino e Marino gli incubi del premier

Lo staff di Palazzo Chigi ha la consegna di un'impertubabilità no limits: in particolare, in questi giorni, sugli affari interni al Pd.Facile intuirne il motivo, agevolato dalla «leggerezza» di un Capo che arriva dopo. Ma anche dall'irriducibile irrilevanza del gruppo di reduci comunemente annoverato come «sinistra pidì». Nulla degli errori passati è imputabile a Matteo Renzi, che può agevolmente sorvolare sulle querelle; non fanno altro che portare acqua al suo mulino. Può persino bloccare e bannare dal suo cellulare il numero di chi dà noia, come sospetta gli abbia fatto il governatore pugliese Emiliano (inviso da quando ha promosso il referendum anti-trivelle). Così, finché si resta alla greppia nel recinto della Ditta, gli oppositori sparano a salve, facili prede del segretario. Per chi volesse davvero rompere le uova nel paniere non c'è che una strada: cambiare strada, incrociar aperta tenzone con il Pd, specie nelle competizioni territoriali. Le Amministrative sono il tallone dell'Achille pidino. Milano e Torino in bilico, Roma e Napoli quasi perdute (sempre che le divisioni del centrodestra non facciano il miracolo). Due personaggi, entrambi del passato, sono in grado di tagliare le gambe alla volontà di potenza renziana. Antonio Bassolino e Ignazio Marino hanno seguito personale e conoscenza approfondita dei punti deboli di un partito sfibrato. Sanno dove colpire. Non possono vincere, ma la loro fionda può mandare al tappeto il gigante. Esiste però una stridente differenza tra i due, ed entrambi hanno fragilità che possono dare una mano a Renzi.Bassolino, da vecchio comunista organico e ingraiano, è sincero nel proprio rincrescimento di fronte alle sconcezze viste alle primarie. Anche ieri s'è appellato per un intervento diretto del segretario. «A Renzi dico che dovrebbe interessarsi di persona di questa situazione, perché Napoli è Napoli e si devono creare le condizioni per andare bene al voto». Ha l'aria del ricatto, lo è solo in parte. Bassolino non vuol vincere facile, né danneggiare con una propria lista quella che sente ancora, sempre e comunque, casa sua. «La soluzione non è l'annullamento - spiegava - Non voglio vincere a tavolino. Si rivoti: se davvero lo scarto è reale, se davvero non è successo nulla di serio e preoccupante, allora si riconfermerà questo risultato e si va tutti quanti avanti uniti. Se questo non viene fatto il Pd va verso il suicidio». Si prepara a ricorrere ai Garanti nazionali del partito, avendo trovato offensivo l'accomodamento offertogli dal vicesegretario Guerini. Non demorde: chiede giustizia e, nel contempo, di non far perdere il Pd. Assai diverso è il caso dell'ex sindaco Marino, le cui ferite sono ancora fresche e dolenti al punto che la sconfitta dei suoi nemici pidini la sogna di notte. Lo sgambetto di ieri, tramite Cantone, è stato vissuto male da Marino, che tiene in serbo il famoso libro da presentare a fine marzo sulle malefatte pd. «La mia lotta titanica contro l'illegalità a Roma ha provocato una reazione violentissima ed è stata interrotta dal Pd», ha scritto su Facebook. Poco dopo, ha cancellato per sms l'appuntamento con il paziente candidato della sinistra, Stefano Fassina, che lo attende da gennaio per un accordo sulle primarie che non faccia disperdere i voti di sinistra.

Marino teme di confrontarsi con l'apparato, prima di potersi presentarsi come Vindicator che dà il colpo di grazia al renziano Giachetti. Ignazio Sansone, forse, non chiede di meglio che crollare al tappeto assieme ai filistei.

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