C'è una domanda di orgoglio nazionale alla base del consenso a Marie Le Pen in Francia e all'AfD in Germania e non un rigurgito di nazismo, che peraltro per i francesi suonerebbe strano. È vero, Le Pen tuona contro l'Europa e in Germania usano simboli e slogan neonazisti che fanno rabbrividire e su cui non si fanno sconti. Mettiamoli un attimo da parte, pure perché lei potrebbe diventare primo ministro, e concentriamoci sugli elettori più che sui partiti. Parlare oggi di nazismo in Germania, come di fascismo in Italia, è roba per addetti ai lavori. Pochi li hanno studiati e nessuno li ha conosciuti. Dunque, se i cittadini votano per i neonazisti forse non è per nostalgia di un secolo fa ma per qualcosa che riguarda l'oggi ed essendo comune a tedeschi e francesi certo non può essere il nazismo: è l'orgoglio nazionale. Quello francese è ben noto perché ce lo ricordano spesso: la grandeur! I tedeschi prima del nazismo non erano nazisti, ma erano orgogliosi, Deutschland über alles, ed erano stati mortificati per quindici anni.
Ora, dalla guida ultradecennale di popolari e socialisti i cittadini europei, non solo francesi e tedeschi, hanno ricevuto non orgoglio, ma mortificazione. Politiche all'insegna delle regole e dei divieti, cosa le imprese non possono fare, cosa i cittadini non possono fare. La stessa esistenza vista come un'impronta, una macchia sull'ambiente che non dovrebbe esserci e della quale scusarsi pulendo. Tutto senza alcuna prospettiva positiva, senza uno slancio verso il benessere ma anzi con l'ambizione di decrescere, laddove magari i giovani e non solo hanno una vita e vorrebbero migliorarla. Questo covava da tempo e finché le vacche sono state grasse rimaneva lì sotto. Adesso con la crisi energetica e industriale e la guerra alle porte servono prospettive serie e tangibili.
Quindi, è giusto che quei voti restino fuori dalla formazione della Commissione, ma devono essere comunque compresi nel profondo e ricevere delle risposte positive, evitando di usare l'aritmetica per tenere lo scettro nelle mani di Popolari e Socialisti.
Giudicarli solo con gli slogan sarebbe un peccato di superficialità che non ci possiamo permettere. Ma questo gli addetti ai lavori dovrebbero saperlo, visto che lo stesso errore fu commesso un secolo fa e non finì per niente bene.
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