Dritti verso il traguardo: Matignon, il governo della Francia. Così marciano Marine Le Pen e Jordan Bardella, convinti che l'alleanza tra il Rassemblement National e il centrodestra di Eric Ciotti possa strappare la maggioranza assoluta domenica 7 luglio, nonostante «la campagna di demoralizzazione in corso fra i nostri elettori» (come la definisce Le Pen), nonostante gli oltre 220 patti di desistenza per fermare l'ultradestra chiusi dal «macron-mélanchonismo» (come lo ha ribattezzato Le Figaro) e nonostante le proiezioni sulla base di un ultimo sondaggio (Harris-Interactive) diano fra i 190 e i 220 seggi a Rn, ben lontani dal fatidico 289 su 577 necessario per governare senza ostacoli. La sinistra unita si aggiudicherebbe fra i 159 e i 183 seggi, la coalizione presidenziale fra i 110-135 e i Républicains 30-50. Eppure anche l'ex presidente socialista François Hollande è cauto e ammette: «Il rischio di una maggioranza assoluta di Rn è stato minimizzato, ma non è ancora escluso». Le ragioni sono molteplici e lasciano ben sperare gli eredi del Front National di Jean Marie Le Pen.
A dare man forte al loro ottimismo ci sono le proiezioni delle legislative del 2022, che sono state un disastro, anche perché, a differenza che alle presidenziali, in questo caso contano anche le dinamiche locali, difficili da prevedere in centinaia di circoscrizioni. Due anni fa la previsione era di una maggioranza assoluta per Macron, mentre ad Rn venivano attribuiti la metà dei seggi poi effettivamente conquistati. In ballo c'è inoltre il voto sommerso, quasi sempre sottostimato per l'ultradestra. Laddove non ci saranno candidati dei moderati Républicains, è probabile che alcuni elettori di centrodestra, decisi a votare comunque, si butteranno su Rn. Per di più c'è il mal di pancia di molti francesi che non condividono la linea dettata dalle segreterie di partito. Secondo un sondaggio per il Figaro, già alla vigilia del primo turno, solo il 51% degli elettori si diceva pronto a seguire le indicazioni del proprio schieramento al secondo turno. Una percentuale certamente cresciuta ora che ci si trova di fronte ad alleanze di puro sbarramento anti-Rn, con socialisti e mélenchoniani in guerra fra loro fino al giorno delle europee e ora uniti contro la destra. Peserà inoltre l'affluenza. Potrebbe esserci una mobilitazione anti-Rn. Ma potrebbe accadere che, pur di non votare candidati sgraditi, in assenza del proprio nome ideale, alcuni elettori decideranno di restare a casa e fra questi i moderati di fronte alle sfide più «estreme». Sono molte, insomma, le ragioni ancora a favore del duo Bardella-Le Pen. Tanto che Marine sfotte una classe politica «sempre più grottesca» ed evidenzia i paradossi del secondo turno, dopo che «Édouard Philippe invita a votare per i comunisti, Jean-Luc Mélenchon per Gérald Darmanin e Christian Estrosi annuncia che io farò un colpo di Stato». Bardella ammette di essere stato costretto a cacciare «pecore nere» dal partito, dopo gli ultimi casi della candidata Rn con la svastica sul cappello e di un'altra condannata per presa di ostaggi a mano armata trent'anni fa. Il candidato premier di Rn scarica la responsabilità sul presidente Macron, per i tempi di scelta dei candidati serrati a cui il presidente ha costretto i partiti sciogliendo l'Assemblée Nationale dopo le europee. Attacca alcuni giornalisti «il cui compito è indagare tutto il giorno sui candidati, i sostituti, la nonna dei sostituti, il fornaio dei candidati, la prozia».
E ha già annunciato che il suo governo è pronto e di volere un trio a guidare l'economia francese: un ministro delle Finanze, a cui si aggiungerà un ministro delegato con il compito di rimettere a posto i conti dello Stato, e infine un ministro della Crescita. Tutti pensano a Jean-Philippe Tanguy, responsabile delle questioni finanziarie del partito. Ciotti, che ha rotto la diga con l'ultradestra, potrebbe guidare l'Interno.
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