Pensioni di nuovo al centro. Torna l'ipotesi di Quota 41

Durigon: "Ci sono i requisiti per una riforma previdenziale". La chiave di volta sarà il ricalcolo contributivo degli assegni

Pensioni di nuovo al centro. Torna l'ipotesi di Quota 41
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«Serve una maggiore flessibilità in uscita e crediamo che, oggettivamente, ci siano i requisiti per poter affrontare sicuramente una riforma pensionistica, questo sicuramente». Claudio Durigon, sottosegretario leghista al Lavoro, spiega così al Giornale che la Lega non ha perso le speranze di introdurre nella legge di Bilancio 2025 un allentamento dei vincoli normativi per le uscite anticipate.

Al momento, però, si gioca a carte coperte anche perché la sostenibilità dei conti pubblici è il mantra del ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti. Lo stesso Durigon, infatti, precisa che la chiave di volta dell'impianto sarà il passaggio al contributivo per coloro che sceglieranno questa opzione come già avviene per Quota 103. «Ormai l'incidenza del sistema contributivo riguarda i due terzi dei lavoratori e più si va avanti più questa sarà la nuova realtà», afferma per ribadire l'impatto sostanzialmente contenuto della nuova misura. Insomma, non si toccherà il principio in base al quale l'anticipo pensionistico viene in parte «finanziato» dal lavoratore che si ritira rinunciando, eventualmente, alla quota retributiva del suo assegno. La norma, pertanto, potrebbe strutturarsi secondo due linee: o una «Quota 41» vera e propria oppure una somma fra età anagrafica e anzianità contributiva. Come accade per Quota 103 che è una Quota 41 riservata a chi ha almeno 62 anni.

D'altronde, lo stesso leader leghista Matteo Salvini aveva ribadito che «Quota 41 è uno dei miei principali obiettivi». La penalizzazione con il ricalcolo contributivo potrebbe avvicinare questo obiettivo considerato che le cifre elaborate dall'Inps nel 2022 erano eccessivamente allarmistiche (75 miliardi in dieci anni ma nell'ipotesi di adesione totale e di una fruizione pressoché integrale degli assegni).

In realtà, la decurtazione di parte del montante costituisce di per sé un disincentiva soprattutto per i nati tra il 1957 e l'inizio degli anni '60 che al 31 dicembre 1995 potevano contare su 18 anni di contributi (requisito minimo per godere della quota retributiva). A ulteriore conferma di questo quadro la statistica Inps sul calo delle pensioni di nuova decorrenza nel primo trimestre 2024: sono state poco più di 370mila, in calo del 16% su base annua. La stretta su Quota 103 e su Opzione Donna - e anche il fatto che molti abbiano approfittato delle precedenti Quota 100 e Quota 102 - ha ridotto le uscite. Certo, la flessibilizzazione delle uscite comporta sempre una levata di sopracciglio da parte della Commissione Ue e degli altri organismi internazionali, ma proprio l'introduzione di meccanismi di «salvaguardia» costituisce una sorta di garanzia. Non a caso. il centro studi Itinerari previdenziali ha calcolato che nel 2022 la spesa per pensioni al netto dell'Irpef è stata di 165 miliardi (8,6% del Pil, nel 17% delle statistiche internazionali figura anche l'assistenza). Il sistema, dunque, funziona e, ove mai fossero previsti bonus per chi rimane al lavoro fino a 70 anni, potrebbe essere ancor più efficiente.

La Lega, quindi, è al lavoro per iniziare la sessione di bilancio con una marcia in più.

«È un mio progetto al quale lavoro da tempo ed è praticamente ultimato e che riguarda in generale tutto il capitolo delle pensioni», ha dichiarato ad Affaritaliani il presidente della commissione Finanze del Senato, il leghista Massimo Garavaglia, aggiungendo che «in estate spiegherò bene i dettagli del progetto; sono sicuro che non solo avrà il consenso degli alleati, ma anche delle opposizioni, di tutti, compresi i sindacati».

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