Perché il rito della vendemmia se ne infischia della tecnologia

Il racconto di Tiziana Frescobaldi, della storica famiglia di viticoltori: "Oggi c'è un tocco di scienza, ma magia e procedimento restano gli stessi"

Perché il rito della vendemmia se ne infischia della tecnologia

Il primo giorno di vendemmia, in fondo, è come il primo giorno di scuola. Il primo grappolo d'uva di questa stagione è stato staccato ieri in Franciacorta dall'azienda bresciana Faccoli e come sempre si è trasformato in un rituale.

L'emozione non si nasconde, nemmeno per chi di questo appuntamento ha fatto una tradizione di famiglia che si ripete uguale da secoli. Per i Frescobaldi, un nome che fa rima con vino e che si ritrova nei libri di storia della Toscana già ai tempi dei Medici, sono più di settecento i «primi giorni» come questo tra le vigne classificate tra le eccellenze del made in Italy. Dal Chianti al Brunello di Montalcino, la tradizione si respira nelle tenute di famiglia: come Castello di Nipozzano e Castello di Pomino, luoghi degni di figurare nelle favole.

L'aria di attesa per il primo grappolo che si respira qui è la stessa di 700 anni fa: è un momento suggestivo ma al tempo stesso di grande fatica e attenzione. Lo ricorda Tiziana Frescobaldi, che siede nel consiglio di amministrazione dell'azienda di famiglia: «È un'attività molto frenetica, dura tutta la giornata. Ci si sveglia molto presto, perché poi, quando il sole comincia a battere, diventa più difficile lavorare. Può sembrare uno scherzo, ma la vendemmia richiede una resistenza fisica importante: per questo è un lavoro che svolge solo chi ha molta esperienza».

L'avventura dei Frescobaldi nella produzione vinicola comincia nel 1310: «Nell'archivio di famiglia fu ritrovato un documento di quell'anno, che attestava l'acquisto da parte di Castellano Frescobaldi di un terreno, nella località di Castiglioni, per piantare un vigneto». Gli eventi della storia non hanno scalfito la sacralità della raccolta: «Oggi c'è una maggiore organizzazione e specializzazione», precisa Tiziana Frescobaldi. «La poesia resta, ma c'è un tocco di scienza: si pende dalle labbra degli enologi, e per curare i vigneti al meglio è indispensabile un costante lavoro di ricerca. Ma le fasi della vendemmia si mantengono uguali a se stesse da sempre: l'uva viene raccolta, portata in cantina e pesata. Quindi si passa alla produzione del mosto e successivamente alla fermentazione».

Un po' primo giorno di scuola, un po' tempo di esami: la vendemmia è il momento cruciale della produzione vinicola. Si comincia raccogliendo le uve bianche, che maturano prima, nelle zone della Bassa Toscana e della Maremma. Quindi si passa alle uve che maturano più tardi, come quelle del Sangiovese, per cui bisogna aspettare settembre inoltrato. Per ciascuna tenuta, sono impiegati circa quaranta operai. Vietato commettere errori: «Per il viticoltore è un periodo di grande stress», ammette Frescobaldi. «C'è sempre il timore di raccogliere l'uva nel momento sbagliato. E poi, proprio com'era per i nostri avi, il clima resta un fattore di incertezza: a volte hai bisogno del sole, altre della pioggia. Si avverte sempre una grande suspense. Siamo coscienti che è un'attività importante. In questo campo siamo un Paese al centro dell'attenzione». La vendemmia è soprattutto questo: è attesa. «Ci si chiede come sarà l'uva, se avremo fatto tutto bene -dice la manager dell'antico casato- La cena finale, per chiudere la stagione, è un modo per festeggiare con tutte le persone che hanno partecipato al lavoro. Ma è anche un evento di buon auspicio, una specie di rito scaramantico».

E poi ci sono i colori, gli odori. La vendemmia è un luogo dell'anima.

Per Tiziana Frescobaldi è una specie di imprinting: «Sin da piccola, ricordo l'odore di mosto. E puntualmente lo associo al profumo di legno bagnato. Anche chi preferisce i colori dell'estate piena, se viene qui non può restare indifferenze alle sensazioni di questo magico momento dell'anno».

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