Ci sono troppi stranieri nel calcio italiano, ma non è questo il problema. Ci sono anche nei più importanti campionati europei, nei più grandi club europei. L'Olanda punta molto sui vivai ed è fuori dal Mondiale come noi. Il problema semmai è la qualità degli stranieri. Ma neanche questo spiega completamente lo sprofondo.
In questi giorni ne scriveremo e ne sentiremo di ragionevoli e meno ragionevoli. Ma c'è un punto di partenza per spiegare il tracollo e da cui ripartire per costruire una riforma seria del nostro calcio che sia ideologica prima che tecnica.
Nei cuori degli italiani la Nazionale ha uno spazio angusto. In Francia, Spagna, Germania e perfino in Svezia, la Nazionale è il Club dei Club. In Italia un altro club, per il quale ci entusiasmiamo (con giudizio) una manciata di serate all'anno e durante Mondiali o Europei. In queste manifestazioni i nostri tifosi negli stadi per il 90 per cento sono residenti sul posto. Dalla semifinale in su, comincia l'esodo.
In finale vogliamo esserci, Fratelli d'Italia solo a un passo dalla storia. Per noi la Nazionale è un extra, non abbiamo senso di appartenenza, né statale, né calcistica. Siamo in ritardo sull'idea di nazione rispetto al resto d'Europa, figuriamoci su quella di Nazionale. Quando Conte, agli Europei 2016, chiese a tutti di indossare la maglia azzurra, partirono i distinguo, vennero vergati elzeviri corrucciati, si udirono commenti stizziti. Aveva ragione lui: quando la qualità tecnica non è granché, ci vuole un altro mastice potente.
La Nazionale è un altro campanile, ma non quello della nostra parrocchia. Non è casa nostra, la affittiamo ogni tanto e poi ce ne andiamo, insalutati ospiti.
Adesso ci agitiamo, non per il dispiacere, però, piuttosto per il gusto di dimostrare di avere l'analisi più lucida, di trovare soluzione più sensata. Sabato torna il campionato e finisce tutto. A, guai a chi tocca gli stranieri. Della mia squadra.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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