Più aiuti a Gaza, parte il corridoio via mare. Morti cinque civili per i lanci dal cielo

L'operazione sostenuta da Ue, Usa, Gb ed Emirati: «Israele faciliti le operazioni»

Più aiuti a Gaza, parte il corridoio via mare. Morti cinque civili per i lanci dal cielo
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Aiuti in arrivo via mare, da Cipro, per i civili palestinesi della Striscia di Gaza. Ieri il test pilota, inaugurato dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen a Nicosia. Poi il corridoio marittimo sarà aperto, insieme con Stati Uniti, Regno Unito, Qatar, Emirati arabi nel week end, quando una nave partirà destinazione Gaza, forse già oggi secondo quanto riferito ad Ap dal presidente di Cipro, Nikos Christodoulides. L'operazione di prova è avvenuta mentre emergeva che almeno 5 persone sono rimaste uccise a ovest della città di Gaza, nel campo di Al Shati, colpite dai pacchi che da giorni arrivano sulla Striscia dal cielo.

«La situazione umanitaria a Gaza è disastrosa, con famiglie e bambini palestinesi innocenti che cercano disperatamente le necessità di base», ha spiegato von der Leyen da Cipro. «Questo sostegno è urgentemente necessario. A Gaza devono arrivare più aiuti», ha sottolineato il cancelliere tedesco Olaf Scholz, mentre Israele spiegava di accogliere «con favore» la notizia, garantendo di «continuare a facilitare il trasferimento di aiuti».

Sul tema del sostegno ai palestinesi, stremati da cinque mesi di guerra e dalla morte di quasi 31mila civili, è intervenuto anche Joe Biden nel discorso sullo Stato dell'Unione. «Israele ha un compito difficile perché Hamas si nasconde e opera tra la popolazione, però ha anche la responsabilità fondamentale di proteggere i civili innocenti - ha detto il capo della Casa Bianca - Israele deve fare la sua parte, permettere più aiuti umanitari e garantire che gli operatori umanitari non finiscano sotto tiro. L'assistenza umanitaria non può essere una considerazione secondaria o merce di scambio, proteggere e salvare gli innocenti deve essere un priorità». Parole lodate dal presidente dell'Autorità palestinese, Abu Mazen, nel giorno in cui un'indagine dell'esercito israeliano sulla strage del 29 febbraio, quando furono presi d'assalto i camion di aiuti, afferma che i soldati dell'Idf non hanno sparato contro il convoglio di aiuti, ma contro alcuni sospetti che rappresentavano una minaccia.

A Gaza, intanto, si aspetta una tregua che non arriva e lascia nell'angoscia anche i parenti degli ostaggi in Israele. Hamas ha spiegato che il fallimento dei colloqui del Cairo non significa la fine delle trattative, ma ha insistito che non ci sarà «alcun compromesso» nei colloqui sul ritiro dei soldati israeliani. Le probabilità di un cessate il fuoco temporaneo prima di inizio Ramadan, domani, sono ormai a zero. Le famiglie degli ostaggi hanno chiesto la mediazione di Papa Francesco, scrivendogli ed esprimendo «profonda gratitudine e apprezzamento» per tutti gli sforzi fatti finora e «per il continuo interesse, sostegno e coinvolgimento nel portare avanti il rilascio» dei loro cari, augurandosi che la sua «voce morale» contribuisca alla liberazione.

Ma nella Striscia si combatte ancora.

L'Onu ha avvertito che l'offensiva a Rafah «non deve essere permessa» e definito un «crimine» la creazione e l'espansione delle colonie. Preoccupa anche il fronte libanese. Israele ha anche bombardato il quartier generale di Hezbollah in Libano nella zona di Al Mansuri e altre sedi del gruppo, che ha confermato l'uccisione di tre suoi combattenti.

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