La perseveranza, alla fine, premia sempre. Chissà se l'avevano immaginata così quando alla Nasa hanno chiamato Perseverance il loro rover più recente, atterrato lo scorso febbraio su Marte. Con un obiettivo preciso: raccogliere campioni di roccia dal Pianeta rosso che saranno poi portati sulla Terra per essere analizzati. E magari trovare finalmente tracce di una vita aliena, probabilmente risalente a miliardi di anni fa quando il pianeta era coperto d'acqua allo stato liquido. Niente omini verdi quindi, piuttosto forme infinitesime di vita microbica. Inutile però trattenere il fiato: il prezioso carico di rocce aliene arriverà non prima del 2031, con una missione apposita che sarà pianificata dalla Nasa in collaborazione con l'Agenzia Spaziale Europea (Esa). Giovedì scorso però è stato posto un primo, fondamentale tassello alla missione: il primo campione di roccia, un cilindro della grandezza di un dito, è stato finalmente prelevato dalla superficie. La conferma che il tubo di titanio ora sistemato nella «pancia» del rover contenesse veramente il prezioso carico è arrivata qualche giorno dopo, grazie a nuove immagini che mostrano il campione al sicuro all'interno del meccanismo.
In molti al quartier generale della Nasa a Washington devono avere tirato un sospiro di sollievo visto che il precedente tentativo di «trapanazione», agli inizi di agosto, si era risolto in un fallimento.
La roccia prescelta era molto promettente perché di color ruggine, conteneva sali ed era piena di buchi. Tutto concorreva a ritenere che fosse rimasta sommersa in un lago o in una falda acquifera per molto tempo e pareva dunque ideale per fare luce sui cambiamenti mineralogici avvenuti su Marte nel corso di miliardi di anni e sulla sua evoluzione da «gemello della Terra» a deserto rosso.
Peccato che una roccia arrugginita, salata e piena di buchi sia spesso molto friabile. E infatti nel corso del carotaggio si è dissolta in un mucchietto di polvere. Per il secondo tentativo è stata quindi scelta una meno promettente ma decisamente più robusta e spessa lastra, cui è anche stato dato, forse per scaramanzia, un nome un po' frivolo, «Rochette», e le cose sono andate meglio. Ora si sa che il sistema di trivellazione di Perseverance funziona benissimo e sarà utilizzato per altri prelievi: la sonda ha 43 «tubi» a disposizione. E pure quello vuoto, del mese scorso, contiene un quid di preziosissima atmosfera marziana, dunque non sarà buttato via. Il rover si trova da sei mesi nel cratere Jezero, a Nord dell'equatore marziano. Lungo 45 chilometri, è una depressione che si pensa contenesse un tempo il delta di un fiume ed è quindi il luogo ideale dove trovare eventuali tracce di vita microbica risalente alla preistoria «umida» del pianeta. Perseverance insomma continuerà a cercare, lentamente ha percorso poco più di due chilometri da quando è atterrato su Marte ma con pazienza, nella solitudine del pianeta, «affollato» attualmente da sei altri rover di cui solo altri due attivi e in altre zone del pianeta.
Unico compagno, sorta di Sancho Panza di questo spaziale Don Chisciotte, il mini elicottero Ingenuity: doveva fare solo qualche test per sondare la possibilità di volo nella rarefatta atmosfera marziana ma ha funzionato così bene da diventare un inseparabile e preziosissimo alleato, che viene mandato in esplorazione per controllare il terreno davanti al rover.
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