Un piano Marshall per ricostruire l'Ucraina. "Servono 750 miliardi"

Lo spiega il premier ucraino alla Conferenza di Lugano. "E anche la Russia dovrà pagare"

Un piano Marshall per ricostruire l'Ucraina. "Servono 750 miliardi"

L'elenco lo sfodera il presidente Volodymyr Zelensky in videocollegamento con Lugano: 800mila edifici distrutti, 79 ospedali colpiti, e poi asili, licei e università devastati, con l'intero sistema di istruzione dell'Ucraina in ginocchio. E la guerra non è ancora finita. Ecco che, dalla Ukraine Recovery Conference (URC2022), la Conferenza sulla ripresa - che quest'anno vuol dire ricostruzione dell'Ucraina - in corso in Ticino, Svizzera, il conto lo presenta il primo ministro di Kiev, Denys Shmyhal: rimettere in piedi il Paese «costerà almeno 750 miliardi di dollari», circa 720 miliardi di euro. Cifra che pure Mosca dovrà pagare. «Con i beni russi congelati dalle sanzioni», spiega il premier. Perché la ricostruzione non è solamente urgente - aggiunge Zelensky -. «È una missione del mondo democratico», per «dimostrare che la libertà è più forte della tirannia» e che Vladimir Putin non ce la farà, «come vuole, a provare che l'Europa è debole e non può difendere i suoi valori».

Dopo la Conferenza internazionale dei donatori di Varsavia, che a inizio maggio raccolse oltre 6 miliardi di euro di aiuti, adesso è a Lugano che si continua a lavorare per «un piano Marshall» per l'Ucraina, come per l'Europa dopo la Seconda Guerra mondiale. Alla presenza dei rappresentanti di una quarantina di Paesi e 15 organizzazioni internazionali, l'evento va avanti fino a oggi, e parte dalle stime della Kyiv School of Economics: l'economia ucraina ha già perso 600 miliardi di dollari da inizio guerra mentre i danni a edifici e infrastrutture ammontano a 104 miliardi.

«La strada è lunga, ma non è mai troppo presto per prepararsi al momento in cui le armi taceranno», spiega il padrone di casa, il presidente svizzero Ignazio Cassis, che ha aperto i lavori nel palazzo dei Congressi di Lugano. L'obiettivo di questa due giorni è «gettare le basi per un processo politico efficace e trasparente, con criteri chiari e ruoli definiti», aggiunge Cassis, che è anche ministro degli Esteri, spiegando che «tali principi saranno sanciti martedì in un documento finale, la Dichiarazione di Lugano, una prima pietra miliare» che si occuperà anche del percorso di riforme dell'Ucraina. D'altra parte la Conferenza era stata organizzata ben prima dell'invasione e avrebbe dovuto concentrarsi sulle riforme istituzionali del Paese. «La ricostruzione non si può fare senza riforme in vari settori, nella lotta alla corruzione o nell'indipendenza del sistema giudiziario», insiste il Presidente. Sulla stesura del documento si sta impegnando duramente anche l'Unione europea. «Mentre lavoriamo per aiutare l'Ucraina a vincere questa guerra, dobbiamo anche assicurarci che l'Ucraina conquisti la pace che verrà», spiega Ursula von der Leyen, chiarendo che il Paese «avrà bisogno di riforme coraggiose, che dovranno andare di pari passo con gli investimenti». «Le sfide sono enormi - aggiunge la presidente della Commissione europea, che ribadisce il «costante sostegno della Ue» e ricorda i 6,2 miliardi di euro di aiuti finanziari già mobilitati da Bruxelles dall'inizio del conflitto - Ma non sono sfide insormontabili: l'Ucraina può emergere da questa guerra con solide istituzioni e un'economia più verde e resiliente. Può essere ricostruita non solo com'era ma come i suoi giovani volevano che fosse».

Il premier ucraino Shmyhal ci tiene a precisare che anche Mosca dovrà metterci del suo. Kiev vuole usare i beni russi congelati dalle sanzioni occidentali per finanziare la ripartenza. «Ammontano a 300-500 miliardi - fa i conti Shmyhal - Le autorità russe hanno scatenato questa guerra sanguinosa, ne devono essere responsabili».

Gli fa eco il presidente del Parlamento ucraino Ruslan Stefantschuk, che rincara la dose in un'intervista alla Rsi: «La Russia dovrà pagare la fattura».

I Paesi amici di Kiev, intanto, possono darsi appuntamento a Londra per la prossima conferenza dei Paesi donatori, ha annunciato la ministra degli Esteri inglese Liz Truss.

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