Il piccolo Ryan prigioniero nel pozzo da 3 giorni. I soccorritori: "Chiede l'acqua, è cosciente"

Caduto in un buco profondo trenta metri . Come il nostro Alfredino Rampi

Il piccolo Ryan prigioniero nel pozzo da 3 giorni. I soccorritori: "Chiede l'acqua, è cosciente"

È entrata nella fase più delicata l'operazione di recupero del piccolo Ryan. Micro smottamenti del terreno mettono in pericolo di vita i soccorritori e rischiano di compromettere il recupero del bambino.

Il Marocco ha il fiato sospeso e resta collegato alle numerose dirette video dal luogo dell'incidente. Ci sono volute più di 70 ore di lavori di scavo per sei bulldozer e un centinaio di uomini, tra operai, forze dell'ordine, geologi, protezione civile, speleologi e volontari per arrivare a pochi metri da Ryan, 5 anni, precipitato in un pozzo martedì pomeriggio, mentre stava giocando poco lontano da casa.

Un'intera montagna è stata sbancata per creare una voragine profonda 30 metri e raggiungere in parallelo il fondo del pozzo, dove Ryan si trova ormai da quattro lunghissimi giorni. Ora si costruisce il tunnel, nel quale sono stati inseriti enormi tubi, di quelli usati di solito per l'acqua, così si dovrebbe consolidare il passaggio. Intanto, a migliaia continuano a confluire nel villaggio di Tamrout da ogni parte del Marocco. È venerdì, giorno di precetto per l'Islam, la folla tenuta a distanza dalla polizia improvvisa preghiere per salvare il piccolo Ryan.

Alle 6 di ieri mattina sono iniziati i lavori per lo scavo del tunnel orizzontale. Operazioni di recupero cheprocedono in un clima di mobilitazione e ansia continua. I giornali locali titolano a tutta pagina su «Ryan, 5 anni, ancora bloccato in fondo al pozzo dove è caduto ormai tre giorni fa». Un'altra notte di freddo e sbancamento, la terza di questa storia che ricorda quella di Alfredino Rampi. Una montagna sbancata con l'arrivo del sesto bulldozer. Un cratere di 30 metri, parallelo al pozzo, lascia lo spazio ai topografi di studiare gli ultimi accorgimenti. Durante la notte ci sono stati smottamenti che hanno fatto temere il peggio. Sulla catena del Rif, a Nord del Marocco, teatro dell'incidente, i lavori di recupero si sono rivelati più difficili del previsto, troppa roccia, troppi ostacoli. Ai microfoni di una emittente locale il responsabile del comitato di soccorso ha detto che Ryan ha chiesto dell'acqua, alle 3 del mattino, quando una piccola telecamera introdotta nel pozzo lo ha sorpreso sveglio e cosciente, dopo quasi 60 ore di calvario: «Ryan parla e risponde alle domande». Dall'alba gli escavatori cercano di bucare anche la roccia per creare finalmente il corridoio di tre metri e raggiungere il bambino. Tra i tecnici c'è anche chi lavora ormai ininterrottamente da 24 ore in una gara di solidarietà che in Marocco non ha precedenti. Ambulanza e staff medico sono sul campo, per prestare i primi soccorsi al piccolo, una volta che sarà libero.

Intanto, la Rete rimbalza immagini di code e imbottigliamenti sulle piccole strade che portano al

villaggio di Ryan. È una folla di curiosi, di cittadini arrivati da ogni angolo del Marocco, nella speranza di vedere quel bimbo uscire dal pozzo.

Speriamo che la sua sorte sia diversa da quella del «nostro» Alfredino Rampi.

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