Proprio non ci riesce Matteo Renzi ad accettare le critiche. Così, mentre la manovra viene bocciata sia dai tecnici del Parlamento che dalla Corte dei Conti - che solleva molti dubbi sulle coperture -, il premier continua a pavoneggiarsi per i provvedimenti attuati (e soprattutto per quelli promessi).
"Questa legge di stabilità è una legge sulla fiducia", ha detto Renzi all'assemblea dei parlamentari Pd, "Siamo al bivio: o prendiamo l'occasione della stabilità come l'accelerata decisiva, oppure buttiamo tutto quello che abbiamo fatto. È il momento della svolta: la legge di stabilità sia il punto di cambiamento".
E - nonostante i già annunciati tagli- il segretario Pd sostiene: "Sulla sanità, il sociale e la cultura, noi investiamo più di prima. Nel 2014 erano 109 miliardi, nel 2015 110, 111 nel 2016. È demagogia dire che sulla sanità mettiamo meno soldi. Non c'è presidente di Regione che guadagni meno del premier. Il governo è con le Regioni ma non bisogna fare demagogia".
Poi avvisa la minoranza: "La legge di stabilità è di sinistra come la nostra impostazione. Non è che la ditta è di sinistra se il congresso lo vince Tizio o Caio. Cari amici e compagni, le regole valgono sempre o non valgono mai".
E ancora: "La prossima partita politica si vincerà nelle periferie non nei salotti del centro storico. La decrescita è un argomento che va bene nei salotti. Compito della politica è dare un lavoro a tutti, non lo stipendio".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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