Pizzarotti bis a Parma: cancella M5s e Pd con l'aiuto dei moderati

L'ex grillino confermato con un'ampia forbice. "Sarà un secondo tempo diverso"

Pizzarotti bis a Parma: cancella M5s e Pd con l'aiuto dei moderati

Uno schiaffo a Grillo, un altro al Pd che si era quasi illuso di poter prendere Parma dopo vent'anni di astinenza. Invece «il Pizza», dopo gli ultimi fuochi di artificio della campagna elettorale con le promesse modello «fuori tutto» (ha annunciato una sorta di reddito di cittadinanza alla parmigiana, mentre Scarpa le case in affitto a prezzo calmierato) fa il bis, anche grazie all'appoggio del centrodestra che pur di far perdere il Pd si è turato il naso e fatto l'endorsement al sindaco uscente (come già nel 2012, ancora contro il Pd). E anche da lì forse arrivano i circa 10mila voti in più ottenuti da Pizzarotti rispetto al primo turno, senza tuttavia la grande convinzione di cinque anni fa, perchè stavolta Pizzarotti ridiventa sindaco (57,8% a 42,1% il distaco) con il voto di circa un parmigiano su quattro (45,1% l'affluenza). «Evidente che siamo soddisfatti del risultato. La città ha premiato i risultati e questi 5 anni. Saranno 5 anni diversi: un secondo tempo che è già una rincorsa. Sarà un secondo tempo diverso», ha commentato a caldo Pizzarotti.

Eppure per battere quello che nello staff di Scarpa chiamano «il moloch», cioè il sistema di consenso del personaggio Pizzarotti, si è costituito un variopinto fronte comune, che va dal Pd a Casa Pound, passando per l'ex candidato del M5s, Daniele Ghirarduzzi, che dopo aver fatto sprofondare l'ex primo partito di Parma al 3% (zero seggi), se n'è uscito con un invito a votare per il candidato Pd con una teoria abbastanza spericolata («Se vuoi impedire che il Pd conquisti il Comune non votare Pizzarotti. Almeno Scarpa è sostenuto da 3 liste diverse», mentre Pizzarotti sarebbe un piddino sotto copertura). Subito però sconfessato da Beppe Grillo, che certo non può farsi accusare di intelligenza col nemico renziano nella città teatro della faida con «il Pizza» («Il M5s non dà indicazioni di voto, chi lo fa non parla a nome del MoVimento», ha sentenziato il sacro blog). Tanto che il MeetUp Parma Ducato 5 Stelle è arrivato a chiedere l'espulsione del suo ex candidato sindaco, accusato di essere un filo-Pd.

La sfida tra Pizzarotti e Scarpa ha agitato le acque anche nel centrodestra, detentore del pacchetto di voti più consistente tra gli sconfitti al primo turno (il 19%), specie la Lega. La Meloni ha invitato a votare Pizzarotti, Forza Italia lo ha fatto in modo più obliquo («non appoggeremo mai la sinistra»), mentre nella Lega alla fine ha vinto la linea del segretario («Se votassi a Parma non voterei sicuramente per Scarpa») rispetto ai dubbi dei leghisti parmigiani, in primis il dominus del Carroccio in Emilia Fabio Rainieri che ha escluso ogni appoggio ad entrambi i candidati, troppo lontani dalle idee della Lega. Ma per Salvini la partita è nazionale, e una sconfitta del Pd a Parma equivale ad una picconata in più al governo Gentiloni e a Renzi.

Surreale invece la vicenda di Casa Pound con la candidata al consiglio comunale Eugenia Spaggiari, madre del coordinatore regionale Paolo Mora, che ha fatto un appello per votare Scarpa, prima di essere smentita dal figlio.

E il Pd? Dallo staff di Scarpa recriminano il mancato impegno del partito, l'unico a farsi sentire è stato il coordinatore regionale Dem, il renziano Paolo Calvano, sempre assente invece Renzi e gli altri big. Resta la convinzione che al Pd interessasse poco spingere un civico che ha fatto di tutto per smarcarsi dal partito e piuttosto puntare su Pizzarotti. Un utile anti-Grillo, di sinistra, in chiave nazionale.

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