«È necessario investire anche per rafforzare la capacità produttiva nazionale e lavorare su un orizzonte temporale più esteso di quello del Pnrr». Il comunicato del ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, al termine del Consiglio dei ministri sul Def, conferma che l'esecutivo intende estendere il periodo di vigenza del Piano oltre la naturale scadenza del 2026. L'obiettivo è «evitare nuove fiammate inflazionistiche» ma - anche se non è scritto - anche garantire la spesa dei 191,5 miliardi di euro. A questo proposito, il governo è «al lavoro per ottenere la terza rata» da 19 miliardi entro la fine del mese anche con l'aggiornamento che prevede non solo «la revisione e la rimodulazione di alcuni degli interventi», ma anche l'elaborazione del capitolo relativo al programma RepowerEu, che prevedrà anche nuovi investimenti. Lecito, a questo punto, supporre che l'impatto cumulato del piano sul Pil al 2026 sia stato rivisto al ribasso rispetto al 3,2% del Def dell'anno scorso. Anche perché «per rendere il nostro Paese più dinamico, innovativo e inclusivo non basta soltanto il Pnrr», conclude Giorgetti.
I contenuti del Documento di economia e finanza che sono stati resi noti confermano alcune indicazioni della vigilia. A partire dal «tesoretto» da circa 3 miliardi di euro ricavati confermando il deficit/Pil programmatico 2023 al 4,5% rispetto al 4,35% tendenziale. Queste risorse aggiuntive consentiranno di «introdurre, con un provvedimento di prossima attuazione, un taglio dei contributi sociali a carico dei lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi», ossia il prolungamento del taglio del cuneo fiscale potenziato dalla legge di Bilancio 2023. A questo proposito il Def prevede un andamento discendente della pressione fiscale che dovrebbe passare dal 43,3 nel 2023 al 42,7% entro il 2026.
Il premier Giorgia Meloni, nel corso del Consiglio dei ministri di ieri, ha tuttavia sottolineato che dalla prossima manovra «bisogna porsi con concretezza il problema del calo demografico e delle nuove nascite, con misure adeguate». Un dossier che verrà inserito nell'ambito della programmata riforma fiscale. Pur ribadendo la «prudenza» come ispiratrice dell'azione del governo, il ministro Giorgetti ha evidenziato che «le riforme avviate intendono riaccendere la fiducia nel futuro tutelando la natalità e le famiglie anche attraverso la riforma fiscale che privilegerà i nuclei numerosi» e inoltre «riconoscerà lo spirito imprenditoriale quale motore di sviluppo economico, promuovendo il lavoro quale espressione essenziale dell'essere persona».
Il documento, inoltre, prevede nello scenario tendenziale a legislazione vigente che il Pil cresca dello 0,9% quest'anno (+1% nello scenario programmatico 1) a fronte dello 0,6% della Nadef. Nel 2024 la crescita salirà al +1,4% (programmatico +1,5% a fronte del +1,9% della Nadef), per attestarsi all'1,3% nel 2025 e all'1,1% nel 2026 (stesse percentuali nel programmatico).
Allo stesso modo, il debito/Pil calerà dal 144,4% del 2022 al 142,1% quest'anno. Nel 2024 scenderà al 141,4% per attestarsi al 140,9% nel 2025 e a raggiungere il 140,4% nel 2026. Tuttavia, evidenzia il ministero dell'Economia, «non possono essere ignorati gli effetti di riduzione del rapporto debito/Pil che si sarebbero potuti registrare se il super bonus non avesse auto gli impatti sui saldi di finanza pubblica che sono stati finora registrati».
L'obiettivo è presentarsi al rientro in vigore del Patto di stabilità dall'anno prossimo con un'immagine affidabile. Il deficit/Pil è atteso flettere al 3,7% nel 2024, al 3% (soglia chiave) nel 2025, fino al 2,5% nel 2026.
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