Il fenomeno ha iniziato a manifestarsi all'inizio degli anni Novanta. Il combinato disposto tra la fine delle ideologie e la morte per fame dei partiti ha cominciato allora ad erodere il contesto all'interno del quale tradizionalmente maturavano, dopo un cursus honorem, le leadership politiche e prendevano corpo le visioni di governo. Partiti con sempre meno idee, radici e risorse si sono sempre più trasformati in piedistalli precari per leader occasionali. Leader spesso privi di un passato, dunque incapaci di progettare il futuro.
Poi, negli anni Duemila, sono arrivati i social media, al tempo stesso ragione del successo e causa della rovina di diversi capi politici e più in generale della Politica. I social privilegiano l'approccio oppositivo, alimentano la frustrazione individuale, strutturano ed esaltano il malessere sociale. Come surfisti, i leader politici ne cavalcano l'onda per poi esserne in breve tempo travolti. È capitato a molti.
In molti si sono rapidamente imposti largheggiando in promesse irrealizzabili e in propagande irrealistiche; in molti si sono presto scoperti prigionieri della rete intrecciata filo per filo dalle proprie promesse. I social funzionano così, come la cocaina. Allontanano dalla realtà e incoraggiano l'abuso: dosi sempre maggiori di polemiche rabbiose e di allarmi esasperati, fino al momento in cui il cuore scoppia e i leader muoiono. Muoiono improvvisamente, da un giorno all'altro. .
Al netto della tragicommedia grillina e dei suoi modesti interpreti, per una qualche maledizione del destino che forse l'antropologia culturale potrebbe spiegare, negli ultimi tempi il fenomeno ha caratterizzato la destra più della sinistra, che in effetti è scomparsa. Una manciata di anni fa, molti ritenevano che l'Occidente fosse all'inizio di un nuovo ciclo politico. Ma è già tutto finito. Prima Donald Trump, poi Matteo Salvini, poi Marine Le Pen, infine Boris Johnson... Grandi fiammate. Fuochi di paglia che hanno bruciato per primi i simpatici ed egotici «ragazzacci» che li avevano appiccati.
Valgono per tutti, e siano da monito per ciascuno, le parole che nei giorni scorsi i primi due dimissionari del governo Johnson hanno rivolto al premier britannico. Sajid Javid, ministro della Sanità: «Il Paese è più grande di un individuo».
Rishi Sunak, cancelliere dello Scacchiere: «Il Paese deve essere guidato in modo competente e serio».Parole da usare a mo' di bussola in questo breve ma cruciale scampolo di legislatura che si annuncia socialmente rovente e in vista della prossima. Detto altrimenti, non è più il tempo dei ragazzacci né delle ragazzate.
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