«Prometteva di accompagnarlo dal sarto affinché lo stesso, a titolo gratuito o a un prezzo di favore, realizzasse un vestito e/o una camicia su misura». C'è anche questa accusa di corruzione tra i reati che la Procura di Milano contesta alla rete di poliziotti, carabinieri e finanzieri che ruotavano intorno a Carmine Gallo. Servitori dello Stato, spesso investigatori con decenni di lavoro alle spalle, accusati di avere venduto segreti per una camicia o poco più. Sì, perché a colpire è l'esiguità del compenso che avrebbero ricevuto in cambio degli accessi abusivi e degli altri favori fatti all'ex collega milanese.Nei confronti di tre di loro, la Procura aveva avuto la mano pesante, chiedendo di spedirli in carcere: il poliziotto Marco Malerba, il finanziere Giuliano Schiano, il carabiniere Vincenzo De Marzio. Il giudice Fabrizio Filice ha respinto la domanda, spiegando che per metterli in condizione di non nuocere era sufficiente sospenderli dal servizio. Ma lo stesso giudice parla nei loro confronti di «ininterrotto e sistematico ricorso ad attività corruttive e ad atti contrari ai doveri d'ufficio». In cambio di decine di accessi abusivi, Malerba avrebbe avuto come tangente l'assunzione sporadica, «sia pure in nero» del figlio, una raccomandazione per una visita in ospedale della moglie, «regalie varie», il pagamento di una parcella da 700 euro a un avvocato. Ci si rovina la vita e la carriera, si rischia di finire in galera per una visita dal medico.
In altri casi, come quello del maresciallo Rosario Penna, detto «Ghibli», una colonna del Nucleo investigativo dei carabinieri, di corruzione non c'è neanche traccia, i pm lo chiamano in causa per una confidenza a Gallo. Ma dietro si intravvede - e forse aiuta a capire - una zona in cui uomini delle forze dell'ordine si riciclano nella security privata. Con Penna, sottolinea la richiesta di arresto, lavorava al Nucleo Investigativo Christian Persurich, diventato socio della Skp Servizi di sicurezza fondata dall'ex poliziotto della «Postale» Roberto Lombardi. Persurich è socio anche della Bitcorp, società specializzata in cybersicurezza, insieme a Gianluca Tirozzi, anche lui proveniente dalle file dell'Arma, alla Seconda brigata mobile. «Va evidenziata che la stessa sia stata fondata e amministrata da due carabinieri in servizio almeno sino al dicembre 2022», scrivono i pm. «Mi sono occupato di intelligence e antiterrorismo in nome e per conto dello Stato per vent'anni», dice Tirozzi di sè stesso. E un passato nell'intelligence ce l'ha anche De Marzio, passato dal Ros dei carabinieri - nome in codice «Tela» - all'Aise, il servizio segreto esterno.
Non tutti i nomi sono emersi: alla Dia di Reggio Calabria, per esempio, lavora un altro «contatto» di Equalize, «una fonte informativa di primissimo livello», lo definiscono i pm.
Ma anche lì nelle carte non c'è traccia di scambi di denaro, come se violazioni plateali del segreto investigativo o di banche dati riservate fossero cortesie tra colleghi. O scambi di favori, magari in vista di un lavoro nella sicurezza privata all'indomani della pensione.LoBu-LF
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